MANTOVA Il nonno (di cui porta il nome) campione d’Italia con la Roma e campione del mondo con gli azzurri; il papà capitano e bandiera del Cagliari. Provateci voi a fare i calciatori con due assi del genere in famiglia: il confronto rischia di annientarvi. Invece Bruno Conti ha accettato la sfida e, dopo una lunga assenza per infortunio (con conseguente operazione), ha finalmente debuttato tra i professionisti con la maglia del Mantova. Un quarto d’ora a Novara, un tempo e poco più a Trento. Classe 2000, nativo di Anzio, è cresciuto a Cagliari, dove si è messo in luce nelle giovanili. La scorsa estate è passato al Verona, che l’ha girato in prestito al Mantova.
Bruno, com’è portare un cognome (e un nome) così?
«In effetti non è facile. Ci sono tanti pro e contro. Ma io devo pensare a me, il resto non mi interessa e non deve condizionarmi».
Papà e nonno ti hanno mai dissuaso?
«No, mi hanno sempre lasciato libero di scegliere la mia strada. Del resto ho respirato calcio fin da bambino, quindi… cos’altro avrei potuto fare?».
Qualche consiglio prezioso che hai ricevuto da loro?
«Mi hanno sempre detto che nessuno ti regala niente. Ed è per questo che io vado avanti per la mia strada. Per il resto, non sono solito elogiarmi. Anzi, spesso mi sgridano (ride)».
Cos’hai preso da loro?
«Mah, direi poco: il ruolo da papà e il sinistro dal nonno. Nel senso che sono mancino».
Come hai vissuto il lungo stop per infortunio?
«Da due anni non ero al top. Era arrivato il momento di operarmi, anche se sapevo che avrei pagato con tanti mesi di inattività. È stata dura: avevo voglia di dimostrare il mio valore ma non potevo».
Ora ti senti recuperato?
«Sì, mi sento bene».
A Trento ti sei piaciuto?
«Sono abbastanza critico con me stesso. Diciamo che non ho giocato una cattiva partita. Però potevo fare meglio, specialmente nei movimenti senza palla. Ecco, quello è un aspetto su cui devo crescere».
La sconfitta di Trento non ci voleva…
«È stata una partita condizionata da tanti fattori. Noi sicuramente non abbiamo fatto bene, però ormai è passata. Dobbiamo focalizzarci sul Lecco».
Perchè tanta discontinuità da parte della squadra?
«È vero, i risultati dicono questo. Ma io non credo che stiamo attraversando un momento difficile. Siamo un grande gruppo».
Fuori dal campo chi è Bruno Conti jr?
«Un ragazzo tranquillo, appassionato di basket. Sono un tifoso dei Lakers e, ovviamente, di LeBron James. Il mio modello calcistico, oltre a papà (idolo assoluto), è Kroos del Real Madrid. A Mantova si sta bene, però faccio ancora fatica ad abituarmi al freddo. Sapete, dopo tanti anni in Sardegna…».
Aspettative per questa seconda parte di stagione?
«Sono qui per crescere ed aiutare i compagni. Per il resto, come mi dicono sempre papà e nonno: le parole contano poco, contano i fatti».