L’8 marzo dovrebbe essere una giornata in cui ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne, tesa a rafforzare la lotta contro le discriminazioni e le violenze, un momento in cui riflettere sui passi ancora da compiere. La Giornata Internazionale della Donna dovrebbe essere un modo per ricordare da dove si viene e per capire dove si sta andando.
Oggi si celebra l’amata-odiata ricorrenza. Amata perche’ si tratta di un giorno in cui in teoria il valore della donna dovrebbe essere celebrato. Odiata da molte donne perche’ spesso si riduce ad una sorta di festival del consumismo che non porta ad altro. Sono in molte a pensare che non dovrebbe servire una Festa della donna, e che ogni giorno si dovrebbe compiere un passo in avanti.
Nella giornata di oggi, nei festeggiamenti, l’uomo sara’ rigorosamente out. Si regaleranno mimose, le amiche si riuniranno per andare a cena. E poi? L’8 Marzo, tutto è concesso: uscite di gruppo, un po’ di trasgressione: per un giorno, la donna e’ emancipata, libera, in teoria evoluta. La giornata della donna, troppo spesso trasformata in “festa”, distoglie però purtroppo l’attenzione dai necessari spunti di riflessione per dare il giusto valore alla donna e alle grandi conquiste che meritatamente e giustamente ha ottenuto ma che ancora sono troppo lontane dal raggiungimento di una dignita’, vera, reale, solida. Questo soprattutto se guardiamo ai fatti che si sono recentemente verificati in ambito internazionale, a cominciare dall’Iran.
Un giornata, quella della donna, sancita con la risoluzione 32/142 il 16 dicembre 1977 dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel rispetto delle tradizioni storiche e dei costumi locali, con la quale si e’ deliberato di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale” (“United Nations Day for Women’s Rights and International Peace”). Poiché in molti paesi era già si festeggiava 8 marzo, fu scelta tale data.
La tradizione della mimosa, fiore che viene offerto in questa circostanza alle donne, ha invece origine nei primi anni ’50, anni di guerra fredda e del ministero Scelba, in quanto distribuire in quel giorno la mimosa o diffondere Noi donne, il mensile dell’Unione Donne Italiane (UDI), divenne un gesto «atto a turbare l’ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico». Nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, socialiste, presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto.
Il clima politico migliorò nel decennio successivo, ma la ricorrenza continuò a non ottenere udienza nell’opinione pubblica finché, con gli anni settanta, in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista.
Tralasciando alcune culture che nel proprio essere e nelle proprie tradizioni promuovono la disuguaglianza tra il genere maschile e quello femminile, in quelle ritenute civili e civilizzate assistiamo, oggi più di ieri, alla mancanza di rispetto e di uguaglianza tra i due generi. E, anche in Italia, sembra si sia fatto un passo indietro di centinaia di anni. Il mondo del lavoro, la societa’, non riconoscono assolutamente il ruolo fondamentale della donna come cardine in diversi ambiti. La donna spesso e’ costretta ad essere moglie, madre, figlia, lavoratrice, senza nessun adeguato riconoscimento del ruolo multiplo che ricopre. Oggi abbiamo una premier donna, una leader del PD donna, ma questo sarà sufficente? E’ veramente indice di cambiamento?
Ettore Lembo
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