“Anche nel 2023 le imprese agricole e agromeccaniche bergamasche hanno dovuto accettare le pesanti conseguenze di una forte tendenza all’incremento dei costi di produzione nel settore primario, che hanno più che annullato qualsiasi sforzo rivolto alla ricerca di incrementi di efficienza nei processi di produzione di beni agroalimentari, agroenergetici o propri del cosiddetto no food”: con queste parole Leonardo Bolis, presidente di Confai Bergamo e Confai Lombardia, ha commentato le prime risultanze dell’analisi che l’Ufficio Economico di Confai Bergamo sta effettuando sull’annata produttiva da poco conclusa.
L’organizzazione che riunisce aziende agricole e contoterziste rileva che almeno un’impresa agricola bergamasca su due ha lavorato sostanzialmente in perdita nei primi nove mesi dello scorso anno, con lievi segnali di ripresa solo nell’ultimo trimestre. Tale andamento è risultato peraltro in linea con il trend complessivo manifestatosi a livello regionale. Energia e concimi sono le voci di costo dei bilanci aziendali con gli aumenti più pesanti, avendo fatto registrare incrementi annui medi compresi tra il 150 e il 200%.
“Le conseguenze di queste difficoltà generalizzate – sottolinea il segretario provinciale di Confai Bergamo, Enzo Cattaneo – si sono fatte sentire sul valore aggiunto globale del settore che, secondo le prime stime provinciali, avrebbe registrato un segno negativo rispetto al 2021, per lo meno di alcuni decimi di punto. La produzione lorda vendibile dell’agricoltura bergamasca per il 2022 si considera al di sotto della soglia dei 620 milioni di euro. Nel 2021 era stata di circa 625 milioni a causa di un ‘rimbalzo tecnico’ del 4%, che a sua volta aveva fatto seguito alla frenata a doppia cifra indotta dalla congiuntura Covid nel 2020. Detto in altri termini, nel 2022 l’agricoltura bergamasca pare aver subito una nuova battuta d’arresto, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa dell’economia in generale”.
Nel campo delle produzioni vegetali, tra gli aspetti più preoccupanti si segnala la prosecuzione delle alterazioni climatiche che avevano già segnato pesantemente il triennio 2019-2021. Il quadro sempre più anomalo delle temperature e delle precipitazioni ha causato danni rilevanti sia per i seminativi, sia in alcuni comparti tradizionalmente trainanti dell’agricoltura bergamasca, quali quello del florovivaismo e dell’orticoltura ad alto valore aggiunto che va sotto il nome di ‘quarta gamma’.
Anche nell’ambito delle produzioni animali le imprese bergamasche hanno subito perdite significative a causa del forte incremento dei costi di produzione (materie prime ed energia), che hanno più che azzerato gli effetti di un certo incremento produttivo riscontrato a tratti nella zootecnia da latte.
Gli effetti dell’andamento climatico e della crisi generale sono risultati evidenti anche in comparti di nicchia di particolare pregio per l’agricoltura bergamasca, quale quello dell’olio d’oliva bergamasco. Neppure nel 2022 il comparto ha potuto recuperare le perdite subite nei due anni precedenti, attestandosi su valori complessivi della produzione pari a poco più del 70% dei quantitativi pre-Covid, benché in termini qualitativi la DOP bergamasca abbia fatto registrare una sostanziale tenuta rispetto agli standard tradizionali.
“Di fronte ad una situazione complessivamente preoccupante – conclude Cattaneo – il nostro auspicio è che l’inizio della nuova programmazione della politica agricola comune possa coincidere per lo meno con un ciclo di prudente ripresa degli investimenti e di rinnovata fiducia delle imprese in vista di un’inversione della congiuntura in atto”.
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