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Caro benzina, “basta mistificazioni”: dopo le polemiche Meloni si difende a reti unificate – Il Fatto Quotidiano

Dopo la figuraccia sull’aumento dei prezzi della benzina, con il governo che ha accusato i gestori di speculazione per nascondere la mancata proroga dello sconto sulle accise, la premier Giorgia Meloni cerca di metterci una pezza “a reti unificate“, con due interviste in contemporanea ai maggiori notiziari televisivi, il Tg1 e il Tg5. “Domani incontro la categoria e dirò loro che non c’è nessuna volontà di fare scaricabarile, la stragrande maggior parte dei benzinai si sta comportando con grande responsabilità, a loro tutela serve individuare chi non lo sta facendo”, dice, dopo che i rappresentanti del settore hanno proclamato uno sciopero per il 25 e 26 gennaio contro l’”ondata di fango” nei loro confronti. “Però voglio dire che occorre anche mettere la categoria al riparo da certe mistificazioni, perché quando si parla per settimana del prezzo della benzina a 2,5 euro quando il prezzo medio della benzina è 1,8 euro diciamo che non si aiuta”, accusa. Secondo un’analisi del Codacons, però, nei giorni scorsi il diesel è in effetti arrivato a sfiorare i 2,5 euro al litro in autostrada (2,479).

La leader di Fdi poi ripete la falsità già propagandata nella videorubrica “Gli appunti di Giorgia”, in cui ha affermato (contro l’evidenza) di non aver mai promesso tagli delle accise in campagna elettorale: “Nel programma non c’è scritto che avremmo tagliato le accise e non ne ho mai parlato come priorità in campagna elettorale. Si parlava di sterilizzazione delle accise, ovvero, se il prezzo sale oltre una determinata soglia, quello che lo Stato incassa in più di Iva verrà utilizzato per abbassare il prezzo. L’opposizione ritenti”. I numeri del ministero dell’Economia sulle entrate tributarie, però, dicono proprio che nei primi 11 mesi del 2022 lo Stato ha incassato 21 miliardi di Iva in più anche per effetto dell’andamento del prezzo del petrolio. Non solo, ma Meloni arriva addirittura a criticare l’esecutivo Draghi per aver calmierato il costo del carburante: “Con i soldi spesi dal precedente governo, in 9 mesi, per tagliare le accise, si sarebbero potute tagliare le tasse sul lavoro di circa sette punti, che avrebbe voluto dire mettere fino a 200 euro al mese nelle tasche dei lavoratori con reddito fino a 35mila euro”.

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