Fonte:IlGiornale 13 Gennaio 2023 di Mauro Indelicato
In aula a Palermo anche l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, il quale ha preso le distanze dagli atti con cui nel 2019 il Viminale ha bloccato l’ingresso di Open Arms
La deposizione di Giuseppe Conte era forse quella più attesa nell’ambito del processo Open Arms, in corso a Palermo. Si tratta del presidente del cCnsiglio in carica durante la fase in cui l’imputato, l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha negato lo sbarco ai migranti a bordo della nave dell’Ong spagnola Open Arms.
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Conte, nella versione da lui raccontata in aula, ha voluto prendere ogni distanza dall’operato dell’ex capo del Viminale. L’ex capo dell’esecutivo si è detto in disaccordo con le scelte di Salvini di non far sbarcare Open Arms nell’agosto 2019. Non solo, ma ha anche alluso alla crisi di governo innescata in quegli stessi giorni che non gli avrebbe fatto tenere, sul caso dell’Ong spagnola, alcuna interlocuzione con il leader della Lega. Anche se poi è stato lo stesso Conte a ricordare di aver per due volte scritto a Salvini. Una “moral suasion“, come l’ha chiamata l’ex presidente del Consiglio, per consigliare il ministro a dare il via libera allo sbarco. E che però, per l’appunto, smentirebbe la totale assenza di comunicazione tra i due.
“Con Salvini non ho parlato del caso, c’era già aria di crisi”
Per Conte il caso Open Arms era diverso dagli altri. Se in precedenza, come rimarcato da Salvini e dalla sua difesa, il governo di allora è sempre stato compatto nella linea da tenere sull’immigrazione, nell’agosto del 2019, quando la nave Open Arms pressava al limite delle acque territoriali italiane, la situazione è stata descritta dall’attuale capo del M5s come molto diversa. E questo in primo luogo per il clima politico di quei giorni. “Non ricordo delle interlocuzioni con il ministro Salvini – ha dichiarato Conte – nell’agosto del 2019 sul caso Open Arms”.
“Parliamo però di una deduzione logica – ha proseguito – Eravamo nella fase annunciata della crisi di governo, escluderei una maggiore occasione di dialogo visto il clima che si era instaurato”. L’allusione è ai giorni che hanno preceduto la caduta del governo gialloverde, formato dall’alleanza tra il M5s e la Lega di Salvini. Quest’ultimo, poco prima di Ferragosto, ha annunciato l’intenzione di interrompere quell’esperienza di governo.
Si è così arrivati al 20 agosto, quando Conte ha rassegnato le dimissioni. Quello stesso giorno, l’Open Arms veniva fatta sbarcare a Lampedusa dopo il sequestro ordinato dall’ex procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio. Dopo lo sbarco, il magistrato ha aperto il fascicolo relativo al mancato via libera allo sbarco, lo stesso che porterà poi al processo contro Salvini.
“Ero in disaccordo con il Viminale”
In secondo luogo, perché sul caso Open Arms ci sarebbe stata una divergenza di opinioni tra la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Interno. In particolare, Conte a Palermo ha dichiarato di non essere stato d’accordo con il divieto di ingresso di Open Arms per via della presenza a bordo di minori. Non solo, ma anche perché nell’agosto del 2019 sarebbero stati posti in essere alcuni contatti con dei Paesi europei per la redistribuzione.
Nel raccontare questo passaggio però, Conte ha fatto riferimento a delle interlocuzioni con lo stesso Salvini. Circostanza che in parte smentirebbe la totale assenza di dialogo sul caso Open Arms. “Scrissi due volte al ministro Salvini – ha dichiarato l’ex presidente del Consiglio – La prima volta che non si potevano respingere i minori, la seconda che c’erano sei Paesi europei che avevano confermato la disponibilità alla redistribuzione dei migranti dell’Open Arms. Ero in disaccordo con lui”.
La seconda lettera è datata, come ricordato dallo stesso Conte, 16 agosto 2019. “Qui rassicuravo Salvini – si legge nelle sue dichiarazioni – di aver ottenuto la redistribuzione dei profughi soccorsi dalla ong da ben sei paesi“. Una risposta quest’ultima data all’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, la quale ha sottolineato di non aver invitato in quell’occasione Salvini a far sbarcare tutti i migranti. “Premesso che lo sbarco – ha a sua volta risposto l’ex presidente del consiglio – era una decisione del Viminale, invitai Salvini ad abbandonare rispetto ai minori una posizione difficilmente sostenibile“.
Secondo Conte, il comportamento di Salvini era più dettato da motivazioni politiche che da altre valutazioni. “L’immigrazione – ha infatti proseguito nelle sue dichiarazioni – è stata sempre un tema di propaganda politica e il ministro dell’epoca ha sempre avuto delle posizioni molto chiare sulla gestione di questo tema. C’era un clima incandescente vista la possibilità di una competizione elettorale che poteva essere imminente. Si voleva dare l’idea di un presidente del Consiglio debole sul fenomeno immigratorio, mentre il ministro dell’Interno aveva una posizione di rigore: questo era il clima politico”.
In poche parole, Conte si è voluto smarcare dalle scelte di Matteo Salvini. Imputando quindi solo a quest’ultimo la responsabilità, politica in primis ed eventalmente giudiziaria, delle decisioni intraprese nell’ambito del caso Open Arms. Una linea confermata anche dalle altre risposte date all’avvocato Bongiorno.
“Sulla vicenda della nave Diciotti e sul ritardo di cinque giorni dello sbarco – ha dichiarato Conte – complessivamente le misure prese da Salvini erano conformi alla linea politica del governo”. Quasi a ribadire per l’appunto la differenza tra il caso Open Arms e quelli precedenti, considerando che il caso Diciotti è avvenuto nel 2018 e ha visto l’intero M5S votare l’anno dopo contro l’avvio della procedura nei confronti di Salvini nella giunta per le immunità del Senato.
“Non ho mai detto che la condizione per autorizzare lo sbarco dei migranti dovesse essere la loro redistribuzione preventiva”, ha poi risposto Conte a una domanda dell’avvocato Bongiorno in relazione alla possibilità di rendere subordinato lo sbarco a un accordo europeo sulla redistribuzione.
“Appare evidente – ha aggiunto l’ex capo del governo – che ottenere la solidarietà europea e un riscontro su distribuzione e poi arrivare allo sbarco sarebbe stata la situazione ottimale, ma non ho mai sostenuto che se nn c’era la redistribuzione non si poteva concedere il porto sicuro”.
“Sulla redistribuzione ci furono litigi con leader europei”
Un altro passaggio Giuseppe Conte l’ha dedicato ai rapporti con l’Ue in relazione al tema immigrazione e alla redistribuzione. “Quando mi insediai come presidente del consiglio, nel 2018, compresi che uno degli aspetti fondamentali era ottenere a livello europeo dei passi in avanti – ha dichiarato – perché un Paese da solo non poteva gestire tutti i flussi. Me ne occupai personalmente per lavorare ad un progetto per la redistribuzione da presentare a tutti i leader europei”.
“Nel primo vertice nel giugno 2018 – ha proseguito – mi presentai con un documento con 10 obiettivi, affrontando il tema con una visione complessiva. Ci fu un litigio con Merkel e Macron su questo punto, restammo lì tutta la notte fino a che non raggiungemmo il risultato dello sforzo congiunto. Si sarebbe deciso volta per volta. Questo fu il compromesso”.