Il Tar Lazio ha respinto, tramite sentenza, il ricorso presentato da una società contro Mef e Adm, in cui si chiedeva l’annullamento della nota con con cui l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato gli aveva comminato la sanzione di euro 5.000, avendo preventivamente contestato la presunta inosservanza, correlata all’esito dell’ispezione effettuata in data 20 maggio 2014 presso un bar di Castrignano de’ Greci, in provincia di Lecce, dell’obbligo di cui all’art.5, comma 2, lettera g) dell’atto integrativo della convenzione di concessione e, in particolare, della disposizione che prescrive il divieto di intermediazione per la raccolta di gioco a distanza, nonché il divieto di raccolta presso i luoghi fisici anche per il tramite di soggetti terzi incaricati, nonché della presenza di personal computer a disposizione degli avventori.
“La questione centrale della controversia – spiegano i giudici – inerisce al perimetro ed ai presupposti della responsabilità del concessionario per i comportamenti violativi della convenzione di concessione e del relativo atto integrativo – che riflettono la disciplina normativa dettata in materia – posti in essere da soggetti terzi.
La convenzione accessoria alla concessione – secondo quanto affermato dalla stessa ricorrente e non contestato dall’Agenzia – impone espressamente al concessionario di “svolgere l’attività di commercializzazione esclusivamente mediante il canale prescelto” (articolo 5, comma 2 lett. f) e, inoltre, di “osservare e/o far rispettare, nell’eventuale attività di promozione e diffusione dei giochi oggetto di convenzione, dei relativi contratti di conto di gioco e di rivendita della carta di ricarica, il divieto di intermediazione per la raccolta del gioco a distanza nonché il divieto di raccolta presso luoghi fisici, anche per il tramite di soggetti terzi incaricati, anche con apparecchiature che ne permettano la partecipazione telematica” (articolo 5, comma 2 lett. g).
L’articolo 9 della convenzione, riportato nella nota impugnata, dispone, poi, che “il concessionario è responsabile degli obblighi posti a suo carico. Il concessionario assume in proprio ogni responsabilità organizzativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura, inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione”.
Dalle suddette previsioni discende che la ricorrente ha assunto lo specifico obbligo di non svolgere alcuna attività di intermediazione per la raccolta del gioco e, inoltre, di limitare l’attività di commercializzazione esclusivamente al canale prescelto – ossia quello online – senza operare la raccolta del gioco presso luoghi fisici, neanche avvalendosi di apparecchiature che permettano la partecipazione telematica dei giocatori. Inoltre, la società si è impegnata a non svolgere tali attività neppure per il tramite di operatori facenti parte della propria filiera di gioco.
Deve aggiungersi che gli obblighi posti a carico della concessionaria trovano riscontro nella previsione dell’articolo 2, comma 2-bis, del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, ove si è stabilito che “Fermo quanto previsto dall’articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di raccolta del gioco a distanza e fuori dei casi ivi disciplinati, il gioco con vincita in denaro può essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esclusivamente nelle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; è conseguentemente abrogata la lettera b) del comma 11 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248”.
A sua volta, la previsione abrogata contemplava “la possibilità di attivazione, da parte dei concessionari per l’esercizio delle scommesse a quota fissa, di apparecchiature che consentono al giocatore, in luoghi diversi dai locali della sede autorizzata, l’effettuazione telematica delle giocate verso tutti i concessionari autorizzati all’esercizio di tali scommesse, nel rispetto del divieto di intermediazione nella raccolta delle scommesse e tenendo conto delle specifiche discipline relative alla raccolta a distanza delle scommesse previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, nonché dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174”.
Il richiamato articolo 2, comma 2-bis, del decreto legge n. 40 del 2010 stabilisce, quindi, chiaramente che la raccolta del gioco può avvenire solo mediante il canale autorizzato (e quindi, nel caso dell’odierna ricorrente, unicamente online), “con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica”. E tale previsione – di tenore sostanzialmente corrispondente all’articolo 5, comma 2, lett. g), della convenzione sottoscritta dalla ricorrente – in uno con l’espressa abrogazione della previsione normativa che consentiva ai concessionari di attivare apparecchiature “che consentono al giocatore, in luoghi diversi dai locali della sede autorizzata, l’effettuazione telematica delle giocate verso tutti i concessionari autorizzati all’esercizio di tali scommesse”, non può avere altro significato, se non quello di vietare, oltre alla vera e propria attività di intermediazione nel gioco, anche l’installazione presso sedi fisiche delle predette apparecchiature, le quali danno luogo a una modalità di raccolta del gioco non autorizzata (in tal senso, ex plurimis, TAR Lazio Roma Sez. II, 5.11.2019 n. 12640).
Ciò posto, deve poi osservarsi che la condotta accertata dalla Guardia di Finanza consisteva proprio in attività vietata in forza della convenzione e del decreto legge n. 40 del 2010.
Gli elementi accertati hanno, quindi, fatto emergere lo svolgimento della raccolta del gioco non semplicemente online, come previsto dalla concessione, bensì anche attraverso canali e modalità diverse e non consentite, ossia mettendo a disposizione dei giocatori, presso appositi locali, apparecchiature informatiche dotate di collegamento telematico per l’accesso al sito della concessionaria, oppure svolgendo attività di intermediazione nella raccolta del gioco.
Con specifico riferimento alle eccezioni formulate dalla ricorrente in merito alla portata dell’ art. 2, comma 2 bis del decreto legge n. 40 del 25 marzo 2010, si può aggiungere che tale disposizione pone una distinzione fondamentale fra concessioni di gioco a distanza (via internet o altre modalità di comunicazione a distanza) rilasciate ai sensi della normativa comunitaria ed altre concessioni di gioco esercitabili esclusivamente attraverso rete fisica (ovvero punti di vendita sul territorio) solo nelle sedi e con le modalità fissate nelle relative convenzioni di concessione.
Come evidenziato anche dalla difesa dell’Amministrazione, la ratio della previsione in interesse si rinviene nella volontà dell’ordinamento di perseguire la violazione del divieto di intermediazione per la raccolta del gioco a distanza con apparecchiature che ne permettano la partecipazione telematica. In sostanza il legislatore non vuole certo impedire la libertà di navigazione in rete, ma intende colpire quelle apparecchiature telematiche preindirizzate verso siti di gioco a distanza e non già quindi i PC di libera navigazione.
Perciò, con la possibilità di mettere a disposizione “apparecchiature elettroniche” nei pubblici esercizi non si contesta né si vieta in alcun modo la libera navigazione, ma si intende contrastare l’attività di “intermediazione” e cioè l’uso di particolari apparecchiature, poste all’interno di un esercizio commerciale, preimpostate, preindirizzate, e/o che abbiano un logo ovvero siano in qualche modo utilizzate da un soggetto terzo (intermediario) rispetto al giocatore al fine di indurlo a giocare con un determinato concessionario; la puntuale applicazione di tali regole, valide, peraltro, per tutto il settore del gioco on line, ha condotto nel caso in questione l’Amministrazione a comminare la sanzione impugnata.
Quanto, infine, alla censura di illegittimità della sanzione in quanto le violazioni della disciplina in materia di raccolta del gioco sarebbero state addebitate alla ricorrente a titolo di responsabilità oggettiva, la giurisprudenza prevalente, anche di questo Tribunale, ha avuto occasione di precisare che “venendo in rilievo l’applicazione di penali stabilite a livello convenzionale per le ipotesi di violazione degli obblighi previsti in convenzione, e dovendo conseguentemente escludersi la possibilità che la concessionaria possa essere chiamata a rispondere per fatto altrui o a titolo di responsabilità oggettiva – in quanto contraria ai principi dell’ordinamento – occorre richiamare, al riguardo, l’obbligo di vigilanza che grava sulla concessionaria in ordine alla garanzia del rispetto del quadro prescrittivo convenzionale. Per come previsto dal già richiamato art. 9 della convenzione, infatti, il concessionario è <
Tale norma, imponendo al concessionario l’adozione di misure organizzative, tecniche ed economiche per l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione, affiancandone la previsione della relativa responsabilità, si traduce nell’imposizione di un’obbligazione di garanzia e di controllo sull’andamento della concessione e sul suo svolgimento in conformità alle relative previsioni. Trattasi quindi di responsabilità connotata dal profilo della personalità, parametrata alla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo che il concessionario deve porre in essere al fine di assicurare l’osservanza dei divieti che presidiano l’attività di raccolta del gioco a distanza, i quali si estendono anche ai soggetti riconducibili alla filiera del concessionario” (cfr. ex multis, T.A.R. Lazio, Roma 23.02.2021 n. 2196).
Dall’esame della stringente disciplina dettata in materia di concessioni di gioco, cui si affianca, quale presidio di efficacia, un rigoroso regime sanzionatorio, può trarsi la conclusione per la quale, in ragione dei rilevanti interessi pubblici implicati e dei rischi connessi, viene imposto un elevato onere di diligenza in capo ai concessionari, volto a rendere effettiva l’osservanza delle relative prescrizioni, attraverso l’adozione di comportamenti e misure idonee ad evitare la commissione di violazioni.
Peraltro, far ricadere sui concessionari tale esteso obbligo di vigilanza e di controllo trova la propria ragion d’essere nella circostanza che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, proprio sulla base del presupposto che nessuna attività di gioco può essere svolta presso sedi fisiche, intrattiene rapporti unicamente con i concessionari, rimanendo del tutto estranea rispetto ai rapporti privatistici intrattenuti dai concessionari con i propri affiliati – i quali sono abilitati solo a svolgere attività di ricarica delle carte di gioco, e non di gioco – che quindi rientrano nella sfera esclusiva di controllo della concessionaria e dei quali essa sola risponde.
Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorso deve essere dunque integralmente respinto.
L’esito del giudizio comporta la condanna della ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge”.