La politica dimostra sovente superficialità e ignoranza: uno è fragile non per il lavoro che fa ma per la malattia che ha. E ora è il momento di chiarire e stabilire norme eque, giuste, tutelanti per tutti i lavoratori fragili. L’intervento di Francesco Provinciali
Notizie di stampa riferiscono di un ripensamento, potremmo dire un ravvedimento, della politica di fronte al problema insoluto delle tutele dei lavoratori fragili. Pare che in questi giorni il ministro del Lavoro Calderone si sia pronunciata a favore di una riscrittura delle tutele, oltre la situazione veramente miserevole e ingiusta attualmente in vigore, per portare un po’ di equità di trattamento tra lavoratori di serie A e di serie B: sembra infatti che se ne parli in Senato.
Il decreto aiuti-bis – quello definito un “traguardo raggiunto” dal ministro pro-tempore Andrea Orlando – scaduto il 31 dicembre u.s. era stato rinnovato pari pari, recando con sé una discriminazione di fondo persino inaccettabile: quella che riguardava e riguarda tuttora la possibilità per i fragili di accedere allo Smart working. Tutela che non spettava e non spetta al momento a tutti i lavoratori bensì a coloro il cui profilo professionale consente questa opzione. Per gli altri il nulla. Eppure la Costituzione parla chiaro: tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, non si possono creare discriminazioni per sesso, credo, fede e aggiungo lavoro, soprattutto in una Repubblica fondata sul lavoro. Questa separazione tra aventi diritto e reietti ha gettato nel panico migliaia di lavoratori fragili le cui patologie sono comprese nel D.M. salute (cd. “Speranza”) del 4 febbraio 2022. Prima era il “medico competente” a valutare situazioni di inidoneità temporanea, in regime di pandemia e di “stato di emergenza”, ora il D.M citato elenca le patologie dei “fragili” per definizione.
Stiamo parlando, signore e signori, di chemioterapici, immunodepressi, affetti da patologie degenerative, che assumono farmaci pesanti, che si sottopongono a terapie cicliche, che sono sovraesposti al contagio da Covid. Ci si chiede innanzitutto perché in tutto il periodo di vigenza del decreto aiuti-bis non si sia provveduto a sanare la discriminazione tra chi può fare lavoro agile e chi invece deve recarsi nella sede di servizio (e per auto-tutelarsi deve fare ricorso alla malattia del proprio comporto contrattuale e poi alle ferie): la domanda si è protratta per tutto il mese di gennaio, nonostante il pressing di chi si rivolgeva al Presidente del Consiglio, ai Ministri competenti, alla loro burocrazia, al Parlamento (io mi metto tra questi) senza mai ottenere un cenno di riscontro, una parola di attenzione, una dichiarazione basata su sentimenti di consapevolezza e umanità.
Non ne ha parlato nessuno, l’argomento non è stato mai affrontato neanche nei programmi televisivi dedicati alla politica, alla legge di bilancio e al decreto milleproroghe. Un silenzio assordante che ora sta prendendo voce a seguito delle segnalazioni di casi disperati. Ho letto la dichiarazione di vari esponenti politici di ogni parte.
“Sarebbe molto grave se il Governo non facesse quello che la Ministra Calderone ha dichiarato in aula” ha tuonato un’esponente del PD , dimenticando che questa situazione vige dai tempi del decreto aiuti bis voluto dal Ministro Orlando. Dov’era allora la politica?
Ai tempi della Presidenza Conte – è vero, si era in periodo di emergenza – però le tutele erano state approvate e poi – tra alti e bassi – prorogate fino al 30/6/2022.
Dopo il nulla, o peggio: la discriminazione in base al lavoro svolto a parità di gravità di patologia. La politica dimostra sovente superficialità e ignoranza: uno è fragile non per il lavoro che fa ma per la malattia che ha. Delegando pilatescamente ogni decisione ai datori di lavoro nuove ingiustizie hanno alimentato quella di fondo.
Associazioni e riviste “tecniche” con leggerezza hanno scritto articoli da cui si evinceva che la tutela dello smart working valeva per tutti, senza distinzioni. E ciò ha creato disorientamento e disparità di trattamento. I datori di lavoro si sono trovati a gestire una situazione incredibile: rispondere a quesiti e istanze dei dipendenti senza alcuna istruzione o direttiva governativa.
Nella scuola si è creata una realtà caotica: c’è stato persino chi ha chiesto di fare smart working in quanto fragile e questa fragilità, anziché essere una condizione da tutelare e proteggere ha finito per diventare un vulnus, un difetto: si ha notizia di lavoratori spediti alla visita di controllo del MEF solo perché ammalati di una patologia che è inclusa nel DM Salute citato: cornuti e mazziati, con il rischio di essere licenziati.
Ora siamo al capolinea: o si chiariscono e si stabiliscono norme eque, giuste, tutelanti per TUTTI i fragili o la discriminazione continua nell’indifferenza generale. A questo punto solo la magistratura potrebbe intervenire per l’incostituzionalità manifesta di una legge dello Stato che fa figli e figliastri: io lo segnalo come quel tale che invocava un giudice a Berlino (per noi a Roma). Una vergogna, non c’è termine più adatto.
Ma se il Governo e il Parlamento intervengono, ripristinino le tutele previgenti: e non chiamiamo per favore populista chi le aveva introdotte, piuttosto considerino la leggerezza di valutazione e l’incompetenza di chi le ha tolte e non rinnovate, gettando la gente nel caos: ci sono situazioni disperate e di umiliazione, solo una legge chiara e certa, illuminata potrebbe risolvere. Vediamo se questa volta si fa sul serio e si azzera tutta la burocrazia nata da una situazione di partenza iniqua, che ha generato comportamenti persino di accanimento nei confronti di persone malate che meritano solo comprensione e aiuto. Stato o Nazione che sia dobbiamo essere civili, non dire che lo siamo.
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