“L’Ucraina sa che può contare su di noi e la Polonia sa che può contare su di noi”, anche perché con Varsavia “convidiamo la stessa idea di Europa”. Era il 20 febbraio scorso, e Giorgia Meloni, in visita nella capitale polacca, celebrava l’unione di intenti con il premier Mateusz Morawiecki, il leader Ue più vicino politicamente alla presidente del Consiglio. Ma l’idillio è stato infranto pochi giorni dopo, a Bruxelles, e a dividerli è stata la Russia: già, perché il decimo pacchetto di sanzioni contro Mosca ha rischiato di saltare proprio per le divisioni tra Roma e Varsavia. Il pomo della discordia? L’export di gomma dalla Russia in Europa, in particolare in Italia e Germania.
Una lite tra amici
Presentato dalla Commissione europea a metà febbraio allo scopo di aumentare la pressione sulla Russia in vista della data simbolica di venerdì 24 febbraio, ossia a un anno dall’inizio del conflitto, il decimo pacchetto di sanzioni poteva trasformarsi in un’enorme figuraccia per l’Ue. Solo a due ore dalla mezzanotte di venerdì, ossia dalla deadline fissara da Bruxelles per ragioni forse più mediatiche che pratiche (ossia dare un segnale di unità verso Kiev nella ricorrenza dell’invasione), i rappresentanti dei Ventisette, dopo intensi negoziati, hanno trovato l’accordo.
Dal pacchetto erano già state escluse a priori due misure caldeggiate dall’Ucraina: le sanzioni al nucleare e quelle sul commercio dei diamanti. Le prime non piacevano a tutti quei Paesi, come l’Ungheria, le cui centrali nucleari dipendono dalla tecnologia russa. La seconda, invece, mette in imbarazzo il Belgio, il cui porto d’Anversa prolifera anche grazie al traffico di diamanti da Mosca. Quando la proposta della Commisione è giunta al tavolo degli ambasciatori del blocco, la Polonia si è messa di mezzo, cercando di emendare il testo aggiungendo proprio delle misure contro nucleare e diamanti. Fallito il primo assalto, Varsavia ha tirato fuori dal cilindro la questione della gomma russa. Ed è qui che è partito lo scontro con, tra gli altri, l’Italia.
Nella sua proposta, l’esecutivo di Ursula von der Leyen aveva chiesto di limitare le importazioni di gomma russa nell’Ue a 560mila tonnellate all’anno. La Polonia ha sottolineato, a ragione, che questa quota è superiore a quella che i Paesi Ue acquistano ogni anno da Mosca. In altre parole, si tratterebbe di un limite simbolico, che non colpirebbe gli affari di chi esporta questo prodotto dalla Russia. Da qui, la richiesta di Varsavia non solo di abbassare il limite, ma persino di porre un embargo totale sulla gomma. La proposta polacca ha trovato l’opposizione ferrea degli ambasciatori di Roma e Berlino: “L’interscambio con Mosca nel settore della gomma sintetica e della plastica per Roma, in effetti, ammonta a 232,38 milioni di euro sull’export, e a oltre 50 nelle importazioni. E il comparto è cruciale anche per la Germania”, ricorda l’Ansa. Tra i diplomatici Ue, d’altra parte, c’è chi ha ricordato, con un po’ di malizia, che un embargo alla gomma sintetica russa farebbe felice la società polacca Synthos, tra i più importanti produttori di questo materiale in Europa.
Chi ha seguito le trattative da vicino, narra che a un certo punto Berlino ha preferito ritirarsi dalle trattative, lasciando a Italia e Polonia, che solo pochi giorni prima si era giurate amore (politico), i compito di risolvere i loro dissapori. A quanto pare, c’è voluto un chiarimento proprio tra Meloni e Morawiecki (alleati di ferro in Europa all’interno del partito dei conservatori) per porre fine allo stallo e varare il pacchetto. Alla fine, il compromesso prevede che sì un embargo all’importazione di gomma sintetica dalla Russia, ma con una deroga per il 2023: fino alla fine dell’anno, i Paesi Ue potranno importare al massimo 355mila tonnellate, meno di quelle proposte dalla Commissione.
Cosa c’è nel pacchetto
Tirato un sospiro di sollievo, von der Leyen ha espresso tutto il suo apprezzamento per l’intesa raggiunta. La nuove sanzioni vietano una serie di esportazioni europee verso la Russia per un valore totale di 11 miliardi di euro. Si tratta in particolate di tecnologie che Mosca potrebbe usare per fini militari, alcuni veicoli specializzati, parti di macchine, pezzi di ricambio per camion e motori di aerei. Lo stesso vale per le antenne o le gru, che possono essere utilizzate nel settore delle costruzioni così come nell’esercito russo.
Ci sono poi misure contro il gruppo Wagner, i mercenari che stanno aiutando l’esercito di Putin, ma anche due media: Russia Today e il suo direttore esecutivo Kirill Vyshinsky, e il gruppo Patriot. La Ue ha motivato la scelta dicendo che i media stanno “diffondendo disinformazione” su quella che Mosca definisce l’operazione militare speciale russa in Ucraina. In totale, sono 121 gli individui e le entità russe aggiunti alla lista delle sanzioni. L’elenco delle nuove sanzioni include tre banche russe, il divieto per i cittadini russi di far parte degli organi di governo delle società di infrastrutture critiche degli Stati membri, e una compagnia di navigazione di un Paese terzo, sospettata di aiutare la Russia di eludere le sanzioni sulle esportazioni di petrolio.
“Il decimo pacchetto di sanzioni Ue prende di mira l’industria militare russa, la propaganda e il sistema finanziario. La pressione sull’aggressore russo deve aumentare: ci aspettiamo passi decisivi contro Rosatom e l’industria nucleare russa, più pressione su militari e banche”, è stato il commento su Twitter del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.