Ancora una nota di chiarimenti sull’incresciosa questione del recupero/riconoscimento dell’anno 2013 da parte del personale docente e ATA ai fini della progressione di carriera e dell’adeguamento stipendiale. A fornire ulteriori indicazioni stavolta è l’USR Sicilia che, in sostanza, conferma quanto ricordato recentemente dall’USR Marche e Lazio.
Il DPR n. 122 del 2013 ha prorogato fino al 31 dicembre 2013 le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 23, del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale disponeva che gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti.
Con successivi interventi l’utilità degli anni dal 2010 al 2012 è stata recuperata, mentre il 2013 no, e pertanto non può essere considerato utile.
L’USR Sicilia spiega che “non è mai stata dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni citate. La sentenza n. 178/2015 della Corte Costituzionale, utilizzata per sostenere le molteplici diffide che pervengono alle istituzioni scolastiche, stabilisce che il rinnovo del blocco per il triennio 2013-2015 e la norma che blocca l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2018 integrano una violazione della libertà sindacale di cui all’art. 39 comma 1 della Costituzione“.
“La legge di stabilità del 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) – evidenzia la nota del 16 marzo -, prorogando il “blocco
negoziale”, avrebbe infatti “reso strutturali i blocchi contrattuali introdotti con i precedenti provvedimenti legislativi”, provocando così una situazione di illegittimità costituzionale sopravvenuta. Tra tutte le censure proposte, la Corte ha accolto esclusivamente quella relativa alla violazione dell’art. 39, comma 1, della Costituzione: difatti, in forza dell’ultima proroga, il blocco negoziale aveva raggiunto la durata di sei anni, durata ritenuta tale da pregiudicare la libertà sindacale dei dipendenti pubblici in quanto non più giustificata dalla situazione emergenziale di crisi economica.
Nella pronuncia in esame, l’art. 36 della Costituzione non entra affatto nel bilanciamento della Corte, il quale si concentra, invece, esclusivamente sulla libertà sindacale.
Pertanto, il rigetto della censura relativa all’art. 36 Cost. ha significato la netta esclusione di ogni eventuale pretesa risarcitoria o indennitaria“.