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ANATRA ALLA PECHINESE, IL SIMBOLO DELLA CUCINA CINESE (ANCHE A MILANO) – James Magazine

Immaginate la raffinata corte imperiale cinese della dinastia Ming, sul trono dal 1368 al 1644, la magnificenza di tessuti e sete preziose, argento e oro, gioielli e porcellana, in particolare quella blu e bianca. E i banchetti. Eventi sofisticati, organizzati per celebrare eventi religiosi o di stato importanti come l’ascesa al trono dell’imperatore o il suo compleanno, nei quali si presentavano le eccellenze della cucina e della cultura cinese. I convivi erano riti molto elaborati, composti da un numero impressionante di portate che potevano superare i cento piatti, preparate con ingredienti pregiati e grande attenzione al gusto e alla presentazione, con decorazioni di frutta e verdura scolpite e fiori. La varietà di alimenti presenti era un modo per mostrare la ricchezza e il potere dell’impero, oltre alla bravura dei cuochi della corte, e perciò si usavano ingredienti e bevande importati anche da regioni remote del paese o dall’estero.

Le portate dei banchetti imperiali includevano elaborati piatti a base di manzo, agnello, maiale e pollame, pesce e frutti di mare, verdure, funghi, tofu, riso e pasta, cucinati secondo ricette rimaste a lungo segrete. Uno dei piatti più pregiati e famosi per essersi diffuso fuori dalla Città Proibita è la Peking Duck, l’Anatra laccata alla pechinese, una prelibatezza dalla storia antica che risale alla dinastia Yuan (1279-1368) ma che proprio durante la dinastia Ming vede lo sviluppo della tecnica di cottura e di preparazione conosciuta oggi.

Il piatto noto come Shao ya (烧鸭), che significa anatra arrosto, prende il nome di Beijing o Peking Duck solo durante la dinastia Qing (1644-1911), in onore della capitale Pechino. Nato come piatto esclusivo riservato all’imperatore e alla sua famiglia, in seguito diviene disponibile anche a cortigiani e funzionari di alto rango, diventando una specialità culinaria rinomata e molto apprezzata.

La tradizione culinaria cinese attribuisce l’ideazione dell’Anatra alla pechinese al celebre cuoco imperiale Yi Bingshou che secondo la leggenda avrebbe creato la ricetta proprio per una cerimonia imperiale, impressionando al tal punto l’imperatore con il suo sapore e il gioco di consistenze che la caratterizza, da ricevere l’ordine di insegnare la ricetta ai cuochi di corte.

Oggi in Cina e nel mondo l’Anatra alla pechinese è ancora considerata una specialità culinaria di alta cucina, un piatto pregiato ed evocativo, riservato a occasioni speciali e contesti eleganti, ma nello stesso tempo è diventata più accessibile e diffusa, anche in Italia, soprattutto a Milano, dove ci sono quattro ristoranti di alta cucina cinese.

Gong Oriental Attitude

Gong: Chef Zu Cubing, Giulia Liu, chef Guglielmo Paolucci

Come osserva Giulia Liu, fondatrice del ristorante di cucina cinese e creativa Gong Oriental Attitude, molti dei clienti che nel suo locale ordinano la Peking Duck, raccontano di rivivere attraverso quella degustazione multisensoriale fatta di sapori ma anche rituali, i momenti di felicità dei loro viaggi di vacanza. Gong ha costruito un intero menù degustazione intorno al piatto simbolo della cultura gastronomica cinese, da prenotare con due-tre giorni di anticipo. Partendo dalle tre preparazioni previste dalla ricetta tradizionale, e impiegando vari tagli dell’anatra, la cucina sviluppa un percorso di sette portate salate molto trasversale a tradizione e modernità, concluso da un dessert.

Il menù Peking Duck è una vera e propria esperienza e rispecchia la sintesi delle culture asiatica e occidentale come pure la composizione cosmopolita della brigata di cucina guidata dallo chef Guglielmo Paolucci, romano classe 1984 con esperienze in ristoranti importanti, anche se la vera e propria Peking Duck è preparata dallo chef Zu Cubing. L’anatra viene presentata in sala gonfia, lucida e intera (ma senza testa) dalla stessa Giulia Liu, la quale procede a tranciarla con abilità davanti agli ospiti in polpose fettine con le quali ognuno compone i pancake ulteriormente insaporiti da salse e verdure crude in julienne. Le fettine ricavate dalla schiena del volatile, più sottili, magnificano il gusto della pelle croccante e dorata, e si possono accompagnare a zucchero o uova di salmone. Interessanti anche gli accostamenti delle bevande proposti dal sommelier Massimo Francescato che spaziano da vini, tè, cocktail e che all’anatra vede associato un sake di carattere ma non impetuoso, che fonde sul palato sorso amabile e boccone.

Se nei banchetti imperiali le portate erano suddivise in piatti presentati secondo una gerarchia basata sul loro pregio (per primi venivano serviti i piatti considerati eccellenti), nella degustazione di Gong ogni taglio e ogni piatto racconta una storia importante. Prima e dopo l’Anatra laccata sfilano un paté di foie gras marinato nel miso a foggia di palmipede farcito da cubetti di pera Nashi aromatizzata al pepe nero di Sechuan accostato al soffice pane giapponese dal gusto dolce hokupan e, nel calice, a un sake fruttato in perfetta armonia, e poi lo Ya Xun Ya, composto da due foglie viola di shiso (il basilico cinese) al kimchi infarcite da ragù di ali d’anatra in casseruola. La polpa dell’anatra costituisce il ripieno dei ravioli Dimsum leggermente piccanti in eterea pasta di cristallo cotti al vapore e dopo, in brunoise saltata al wok con verdure, è la farcia di golosi Tacos di lattuga adagiati su un’elegante canna di bambù in ceramica. Con le ossa della carcassa viene preparato il Rou Tang, un brodo dal sapore intenso arricchito da spaghetti di soia spezzati ed enoki, esili funghi dalla particolare forma a cespo per giunta ricchi di proprietà nutrizionali.

Infine, con il petto, frollato tre settimane, viene preparata l’anatra all’arancia, affettuoso omaggio alla ricetta italiana e francese, leggermente affumicata, completata al tavolo con fondo bruno allo yuzu e pepe Sichuan e abbinata a un Pinot Nero Bourgogne Domaine François Carillon 2019 di buona struttura e tannino abbastanza delicato, note tipiche di lamponi, mirtilli e more al naso e al palato che magnificano gli aromi agrumati del piatto.

Degni di un banchetto imperiale anche i dolci, curati dal pastry chef Paolo Sisto, nato in Sardegna classe 1993. Oltre all’ormai famoso “Memorie di una Geisha” servito in una cornice la cui tela si stende su un ripieno ispirato alle stagioni, per chiudere il menù Peking Duck viene scelto l’Oriental Archis, una frolla incappellata dai sapori freschi di lemon sparkle, gelée allo yuzu e bavarese allo yogurt incisa con il motivo ornamentale orientale a squame, nella quale anche le piccole meringhe che la ornano hanno il fondo disegnato a piccoli fiori, espressione della delicatezza orientale per i dettagli.

Ba Restaurant

Marco Liu e lo staff di Ba Restaurant

Storicamente, le anatre utilizzate in Cina per preparare la ricetta alla pechinese, grandi e con piume nere, erano originarie di Nanchino, dove vivevano nei canali che collegavano la città ai principali corsi d’acqua. Con il trasferimento della capitale a Pechino, in quella zona era aumentato il traffico di chiatte di rifornimento che spesso versavano acqua e scarti nei canali, fornendo un buon habitat per le anatre. Naturalmente oggi la scelta della selvaggina da impiegare nella preparazione della celebre ricetta è fatta con grande attenzione e sensibilità non solo a tipologia e pregio della carne, ma anche a provenienza e modalità di allevamento delle anatre, il cui benessere si riflette sulla bontà delle carni. Valori ai quali presta molta cura Ba Restaurant, avviato nel 2011 da Marco Liu con il desiderio di proporre una cucina cinese moderna e lontana dagli stereotipi, attingendo a tradizioni millenarie miscelate a ingredienti di eccellenza e a una crescente dose di creatività. Un piatto dalla storia millenaria come l’Anatra laccata non poteva quindi mancare nel menù alla carta ideato dallo chef Bryan Hooi, classe 1980, malaysiano con nonni cinesi ed esperienze di lavoro internazionali che toccano Qatar, Maldive, Abu Dhabi, Singapore e arricchiscono di rimandi cosmopoliti la cucina del ristorante, pur focalizzata sulla tradizione della cucina cinese. La storia ci racconta che la preparazione dell’Anatra alla pechinese è molto elaborata e richiede abilità sviluppate nei secoli che includono padronanza della tecnica e profonda conoscenza delle caratteristiche della carne. Come spiegano, infatti, lo chef Hooi e Marco Liu, la ricetta può essere cucinata solo con un particolare tipo di anatra cinese (la “Pechino”, allevata e selezionata per secoli nella regione di Pechino per il tessuto tenero, saporito e ricco di grasso nei punti giusti) e non con la selvaggina italiana o occidentale in generale, perché “l’anatra europea presenta una bassa quantità di grasso sottocutaneo, e questa caratteristica la rende poco adatta alla tecnica di preparazione alla pechinese”.

Bryan Hooi

Dopo una lunga selezione su anatre provenienti anche dalla Francia e da un valido allevamento biologico a Milano che però non poteva garantire una fornitura sufficiente e regolare, quella giusta per Ba è stata individuata in Olanda, in un’azienda che garantisce allevamento a terra, uso di mangimi selezionati e anatre con il giusto tipo di grasso. Trovata l’anatra bisogna cucinarla e la sua preparazione rasenta lo zen per precisione e disciplina necessarie nei vari passaggi: prima viene lavata e pulita, poi gonfiata con aria compressa per separare la pelle dalla polpa e creare uno spazio all’interno per il condimento “e qui gioca un ruolo importante il grasso” precisa chef Hooi “che se non è abbastanza spesso, impedisce il processo e provoca la rottura della pelle, elemento pregiatissimo da preservare integro”. L’anatra viene poi sbollentata e glassata con una marinatura che pur essendo codificata sta all’abilità dello chef rendere perfetta, dosando zucchero, cipollotto, zenzero e soprattutto trovando il giusto equilibrio fra sale e cinque spezie. L’anatra viene lasciata appesa ad asciugare al fresco dai tre ai cinque giorni in modo da rassodare la pelle, poi è posta in forno con ventola a temperatura ambiente e, dopo una leggera affumicatura con legno di melo, si procede al passaggio finale in forno a 200 gradi. Il servizio è un momento delicato perché se trascorre troppo tempo fra l’uscita dal forno e la degustazione, la pelle diventa molle e addio croccantezza. Ecco perché l’anatra viene mostrata in sala intera (collo e testa inclusi) ma il taglio viene poi effettuato senza indugi nel tepore della cucina, “per far gustare agli ospiti porzioni servite alla giusta temperatura” spiega lo chef.

Il primo servizio è la Peking Duck vera e propria: filetti ricavati da petto, schiena e coscia con la preziosa pelle lucida e brillante da avvolgere nei pancake insaporiti con hoisin, una densa e profumata salsa tipica della cucina cinese a base di soia fermentata dal sapore dolce e salato che in cantonese e mandarino significa letteralmente “frutti di mare” (hǎixiān) perché ne ricorda il gusto dolce e vellutato, oltre a cipollotto, carote e cetriolo tagliati a julienne. Ulteriore attenzione all’ospite è l’inserimento di una carta velina fra un sottilissimo pancake e l’altro, in modo da facilitarne la “cattura” nel cestello dove sono impilati. Il secondo servizio dell’anatra prevede il brodo – immancabile nel banchetto cinese, perché considerato digestivo e depurante – saporito ma leggero, preparato con un fondo di pollo e le ossa dell’anatra e versato bollente al tavolo da una teiera in ghisa su un gomitolo di spaghetti di soia posati sul fondo di una tazza in vetro trasparente da mescolare e gustare.

Il sommelier Marco Spini e Marco Liu accostano alla saporita e aromatica carne dell’anatra alla pechinese un Pinot Nero di Borgogna: Morey-Saint-Denis 2019 di Pierre Amiot et Fils. “Un vino rosso maturo dal bouquet intenso e complesso, media struttura, buona freschezza e sapidità e con tannini levigati ed eleganti” sottolinea Spini, e anche “elegante e con note di spezie, pepe nero e frutti a piccola bacca rossa che assecondano la sapidità dell’anatra senza sovrastarla” aggiunge Marco Liu.

I punti di forza della Peking Duck di questo ristorante si riassumono nella temperatura di servizio (calda tendente al tiepido), qualità della marinatura, pelle brillante e fragrante. È richiesta una prenotazione di tre giorni per garantire a pelle e carni il giusto tempo di riposo prima del servizio, rigorosamente espresso.

MU Dimsum

MU Dimsum: Andrea Rosselli e Alessandro Berlanda

La Peking Duck è uno dei piatti a cavallo fra tradizione e modernità nei quali si riflette anche l’idea di cucina di MU Dimsum, ristorante di cucina cinese cantonese che con l’arrivo dello chef Andrea Rosselli ha scelto di abbracciare più strettamente una linea tradizionale e schietta, interpretata attraverso buoni ingredienti stagionali e i supporti della tecnica moderna.

MU Dimsum: Suili Zhou

Una filosofia che l’Anatra alla pechinese rispecchia perfettamente, come racconta la fondatrice Suili Zhou, proprio per “il suo essere una ricetta autentica e profondamente legata alle tradizioni, ma al tempo stesso pronta a evolversi, grazie alle conoscenze e ai progressi delle tecniche di cucina più contemporanee”. All’apertura del ristorante l’Anatra laccata era già servita intera, con il taglio effettuato direttamente al tavolo, ma nell’ultimo anno, precisa Suili Zhou, “i miei chef e io abbiamo fatto un lavoro di ricerca e sperimentazione per portare questo piatto a un nuovo livello”, a dimostrazione che anche nella cucina cinese amare la tradizione non significa restare immobili.

Oggi la “Peking Duck Chef” al Mu Dimsum si degusta sia in porzione singola, sia intera, in tre diverse portate che in parte si differenziano da quelle di altri locali, “per valorizzare ogni parte dell’anatra, dalla pelle croccante, alla succosa polpa, fino alle sfiziose ossa fritte”. Il taglio viene effettuato al tavolo da Suili che con perizia seziona dapprima un rettangolo di pelle sul petto, subito servito in quadrotti da gustare con una spolverata di zucchero per smussare il morso succulento, per poi ricavare da petto e cosce del volatile (presentato tutto intero, con collo e testa) polpose fettine con le quali preparare i sottili pancake accompagnati da julienne di tre verdure e una salsa di prugne, frutti di mare e soia fermentata. In ogni fetta di Anatra laccata si bilanciano perfettamente tenerezza della carne ben rosea, grasso e croccantezza fondente della pelle, merito della marinatura in tredici spezie ma soprattutto, sottolineano Suili Zhou e lo chef Andrea Rosselli, del lavoro svolto sulla selezione dei volatili (provenienti dalla Francia) e sul processo di essiccamento messo a punto e perfezionato nel tempo. A questa tecnica, imprescindibile base dell’aromatizzazione dell’anatra che avviene poi in forno, si deve la possibilità di “essiccare anche venti anatre alla volta e di offrire la specialità in carta con quotidiana regolarità”. Il piatto è, infatti, sempre disponibile in menù e può dunque essere ordinato al momento senza necessità di prenotazione, tanto che, afferma Suili, “vengono ordinate dalle sessanta alle settanta anatre ogni settimana”. Terminato il gioco della composizione dei pancake, si passa agli altri due servizi, dai sapori decisi e speziati della carne attaccata alle ossa in una frittura che riesce a coniugare fragranza, leggerezza e gusto, agli aromi della morbida polpa spadellata con verdure dal sapore avvolgente, da godere insieme alla pelle divenuta teneramente elastica e candita.

La scelta della bevanda in abbinamento spazia dai vini di una fornita cantina ai tè, selezionati con passione da Suili Zhou che ritorna periodicamente in Cina anche per tenersi aggiornata sulle sue numerose tipologie e ricavando una carta dedicata. Li serve lei stessa al tavolo, in una elaborata cerimonia di gesti da assaporare con la vista prima ancora che con il palato, impreziosita da porcellane di grande finezza. Per la Peking Duck, Suili suggerisce un pregiato tè Da Hong Pao, il più celebre e pregiato tra gli Oolong dei monti del Wu Yi nella regione del Fujian: ossidato, corposo, con note di legno e accentuato sfondo minerale che gli vale il nome tè di roccia. La sommelier Roberta Calamia propone invece un vino rosso francese della regione del Beaujolais, Régnié di Thomas Rivier 2020, ottenuto da macerazione carbonica per lasciare intatti tutti gli aromi che al naso evocano “profumi di fragoline di bosco, ciliegie, frutti rossi freschissimi”; al palato oscilla tra freschezza e bella struttura rivelandosi “morbidissimo e quasi per niente tannico”, particolarmente adatto ad esaltare carni bianche anche così aromatiche, in una sorta di iniziazione ai riti e ai sapori del piatto imperiale.

Bon Wei

Bon Wei: Zhang Guoqing e Zhang Le (photo credits Matteo Barro)

Ai progressi della tecnica in ambito cuciniero si deve la scelta di alcuni ristoranti cinesi di tenere in carta la Peking Duck con continuità, senza richiesta di prenotazione, coniugando e trovando un compromesso fra consuetudini del paese d’origine e ricerca, modernità e gusti del palato occidentale. La base di partenza resta comunque il vaglio dell’ingrediente principale, come racconta Zhang Le del ristorante Bon Wei, che ultimamente sceglie “anatre di tipo cinese allevate a terra provenienti da un allevamento francese che da cinque-sei anni si dedica a questo tipo di anatre adatte alla ricetta della pechinese, perché queste razze hanno la pelle più grassa e più spessa e il grasso serve a mantenere la polpa più morbida durante la preparazione”. L’Anatra laccata alla Pechinese è una delle specialità regionali di Bon Wei che la propone nel proprio menù tutti i giorni in porzioni singole equivalenti a un quarto del volatile, ma per un’esperienza più completa e autentica, si può prenotare l’anatra intera, con un giorno di anticipo e per almeno tre persone.

Zhang Guoqing (photo credits Daniele Mari)

Bon Wei nasce nel 2010 su impulso di Yike Weng e Chiara Wang Pei con lo chef Zhang Guoqing mettendosi in luce con una cucina cinese autentica e fedele alla tradizione ma anche alta nell’accezione moderna del termine, quindi preparata impiegando ingredienti freschi e di pregio; un’esperienza che si definisce buona già nell’insegna (bon è il termine francese per esprimere buono e wei significa gusto in cinese). Zhang Guoqing è l’executive chef: classe 1957, originario di Whenzhou, nella regione dello Zhejiang, formazione sul campo a fianco di grandi chef, e il figlio Zhang Le è socio e direttore del ristorante. A partire da Expo 2014, la scelta di offrire una cucina di connotazione regionale che andasse oltre la consuetudine cantonese e abbracciasse un po’ tutte le culture gastronomiche della Cina, caratterizza il menù di Bon Wei, che per la preparazione e la cottura dell’anatra ha anche modificato la struttura della cucina, aggiungendo un box a temperatura e ventilazione controllate per asciugare la pelle più velocemente rispetto al tempo normalmente necessario, e riuscendo a cucinare speditamente un numero maggiore di Peking Duck.

Il servizio a porzione offerto in menù prevede pancake di un certo spessore da insaporire con la densa salsa a base di fagioli neri fermentati, soia e zucchero, listarelle di cetrioli e cipollotti crudi e filetti di carne molto ben cotti. La pelle è assai dosata, per indulgenza verso una certa riluttanza dei clienti italici nei confronti delle cotenne (ma bisognerebbe assaggiarla quella pelle sottile e croccante che si squaglia sul palato, prima di decidere se amarla o meno).

In abbinamento Zhang Le, cultore di vino e bollicine e ancor più di distillati e whiskey in particolare, propone un Pinot Nero francese, Chassagne-Montrachet Les Voillenots 2019, giovane ed elegante, di buona freschezza, succoso e minerale in bocca dove sprigiona la sua fragranza di frutti rossi, mirtilli e spezie leggermente amare, in felice unione a carni di qualità come il piatto simbolo del Celeste Impero.
 

gongoriental.com

ba-restaurant.com

 mudimsum.it

 bon-wei.it

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