Dieci destinatari di custodia cautelare in carcere, dodici ai domiciliari. La Guardia di finanza di Milano ha eseguito ventidue arresti. Soggetti tutti accusati di far parte, scrive il capo della procura Marcello Viola in un comunicato, di un “articolato sistema criminale operante in Lombardia da circa un ventennio, finalizzato all’evasione fiscale, ininterrottamente replicato dal 2000 sino ad oggi”.
Lo schema prevedeva “la sostituzione delle società “pilotate” al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuovi veicoli societari costituiti ad hoc e l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”. L’indagine della procura di Milano, con il pm Roberto Fontana (ora al Csm), ex coordinatore del pool specializzato in bancarotte e fallimenti, con i pm Grazia Colacicco e Pasquale Addesso, ha portato in queste ore all’esecuzione di un sequestro preventivo per complessivi 292,7 milioni di euro costituenti il profitto dei reati di bancarotta e violazioni fiscali contestate ai ventidue indagati.
L’organizzazione scoperta dalla Guardia di Finanza ruota intorno a consorzi di cooperative – gestite dagli italiani – che fornivano manodopera e che venivano ciclicamente fatte fallire; parallelamente operava una miriade di società – costituite e amministrate da cinesi – che producevano fatture per operazioni inesistenti. Tra i dieci finiti in carcere su ordine del gip Luca Milani, ci sono infatti anche due cinesi, mentre per due altri cinesi sono scattati i domiciliari.
Un meccanismo basato sull’uso strumentale di più società cooperative che, dopo appena pochi anni di attività, venivano svuotate di qualsiasi consistenza patrimoniale e finanziaria e quindi abbandonate al loro destino di insolvenza. Al loro posto, nuovi soggetti “immacolati”, costituiti ad hoc e riconducibili alle medesime persone fisiche, perpetuavano il meccanismo di evasione fiscale e false fatturazioni.
L’efficienza del meccanismo fraudolento accertato è strettamente connessa alla capacità degli organizzatori dello stesso di sostituire i soggetti scoperti dal Fisco o che risultavano comunque a rischio, con nuovi operatori, creati ad hoc e apparentemente “puliti”, in modo tale da ostacolare l’attività di accertamento successiva alla scoperta della frode, rendendo meno intellegibile e più confuso il quadro investigativo.