Black History month, il mese della storia dei neri, ricorre a Febbraio per celebrare l’importanza delle persone e degli eventi nella storia della diaspora africana. Per questo motivo, non potevamo non dedicare a questa ricorrenza l’ultima Rubrica Arte di Febbraio. Nel corso della storia, gli artisti neri hanno rappresentato la brutalità e la grandezza della diaspora africana. La migrazione forzata di corpi, identità e cultura dal continente africano, sono state riportate sulle tele di tantissimi artisti. L’approccio è duale. Da una parte c’è una forte e chiara critica al colonialismo e alle sue eredità, e dall’altra parte c’è la celebrazione della cultura nera in tutto il mondo.

La diaspora africana e la ricerca di una nuova identità

Edmonia Lewis, The Death of Cleopatra_photocredit:web(dominio pubblico)
Edmonia Lewis, The Death of Cleopatra_photocredit:web(dominio pubblico)

Con il termine “diaspora africana” ci si riferisce a persone di origine africana che vivono fuori dal continente. Si indica la migrazione dei popoli e dei loro discendenti verso terre diverse dalla propria. Retaggio della tratta atlantica degli schiavi, il termine sta proprio ad indicare questa gente che costretta a migrare si è creata una nuova identità. Nel Black History Month, l’arte è la protagonista della nostra rubrica. La dualità che contraddistingue queste persone ha portato gli artisti neri a entrare in uno stato di ibrido permanente. Un’oscillazione costante tra culture, luoghi e identità, che viene espressa vividamente attraverso la loro arte. Una delle prime artiste afro discendenti di cui vi parliamo oggi è Edmonia Lewis. Fu la prima donna afro-americana, con radici native, a raggiungere la fama e il riconoscimento internazionale come scultrice. Il suo lavoro incorpora temi legati al popolo nero e indigeno d’America in sculture di stile neoclassico.

Non c’è nulla di così bello come la foresta libera: prendi un pesce quando hai fame, tagli i rami di un albero, fai un fuoco per arrostirlo e mangiarlo all’aperto, è il più grande di tutti i lussi. Non starei una settimana rinchiusa nelle città, se non fosse per la mia passione per l’arte

Letter From L. Maria Child, National Anti-Slavery Standard, 27 Feb. 1864

Scultrice molto capace, può far impallidire Canova e Bernini insieme, grazie alle linee morbide ed eleganti delle sue sculture. La più nota è probabilmente “La morte i Cleopatra“. Scolpita nel 1877, è una bellissima scultura neoclassica che raffigura l’emancipazione di una donna che determina drammaticamente il proprio destino nella morte.

Black History Month: l’arte nella corrente “Harlem Reinassance”

Tanner, Lezioni di Banjo, 1893_photocredit:wikipedia
Tanner, Lezioni di Banjo, 1893_photocredit:wikipedia

Un altro grande artista è stato Henry Ossawa Tanner. Anche lui è stato tra i pochi artisti afroamericani in grado di accedere alla formazione artistica nel corso del XIX e XX secolo. Nel suo bellissimo “Lezioni di Banjo“, dipinto nel 1893, Tanner ha raffigurato uno degli strumenti più significativi dell’era della schiavitù. L’intento era quello di immortalare un’interazione nobile e intima, simboleggiando il viaggio condiviso della diaspora africana. Si arriva così al ‘900 ed in particolare agli anni ’20 quando si ha una svolta creativa nell’arte afro-discendente. Sfidando gli atteggiamenti paternalistici e razzisti dei bianchi, artisti e intellettuali afroamericani rifiutarono di limitarsi ad imitare lo stile degli europei e dei bianchi d’America e decidono di esaltare invece la dignità e la creatività nera.

Charles Henry Alston, Dancers, 1949_photocredit:wikipedia
Charles Henry Alston, Dancers, 1949_photocredit:wikipedia

La corrente culturale viene chiamata “Harlem Reinassance” perché il centro nevralgico del movimento fu il quartiere di Harlem di New York. Gli artisti del periodo rivendicano la loro libertà di esprimersi a proprio modo. Esaminando la propria identità di neri americani, celebrano la cultura nera che era emersa dalla schiavitù e i loro legami culturali con l’Africa. L’Harlem Reinassance ebbe un profondo impatto non solo sulla cultura afroamericana, ma anche su tutte le altre culture frutto della diaspora africana. Uno degli esponenti più conosciuti del movimento artistico è Charles Alston.

Il primo afro-americano ad aver insegnato all’Arts Students league. Nel corso della sua carriera, Alston si è dedicato alla promozione della cultura afroamericana e all’esplorazione e al recupero dell’identità razziale. Ispirato da artisti come di Picasso e Modigliani, così come dagli archetipi dell’arte africana, Alston ha cercato di affrontare i diversi aspetti dell’esperienza nera e il suo tentativo di sbocciare in un mondo dominato dai bianchi.

La necessità di rappresentarsi

Jacob Lawrence, The Migration Series. 1940-41. Panel 60: And the Migrants Kept Coming.  © The Museum of Modern Art/Licensed by SCALA/Art Resource, NY
Jacob Lawrence, The Migration Series. 1940-41. Panel 60: And the Migrants Kept Coming. © The Museum of Modern Art/Licensed by SCALA/Art Resource, NY

Anche Jacob Lawrence fa parte di questo straordinario movimento. Artista che ha sempre cercato di esprimere l’esperienza afroamericana soprattutto nel contesto della diaspora africana. La serie sulla migrazione è il suo lavoro forse più noto. La serie è composta da 60 pannelli della stessa dimensione, ciascuno accompagnato da una didascalia, che ricorda lo storyboard di un film che narra la Grande Migrazione. Una storia di speranza e delusione che trasmette contemporaneamente metafore di bellezza e ingiustizia.

Faith Ringgold, The American People Series #20: Die, 1967,  Courtesy of MoMA.
Faith Ringgold, The American People Series #20: Die, 1967, Courtesy of MoMA.

Faith Ringgold è un altro artista significativo la cui opera politica è fiorita negli anni ’70. Nel 1967, la sua serie “American People” ottenne l’attenzione della critica, in particolare con “Die“, che descrive brutalmente rivolte razziali in un groviglio di sangue e corpi e “The Flag Is Bleeding #2”. Ringgold ha scelto di denunciare la discriminazione e riscrivere la storia afroamericana, facendo rivivere le voci sepolte del passato nella speranza di rafforzare il futuro dell’esperienza nera.

Faith Ringgold, The Flag Is Bleeding #2 (American Collection #6), 1997. Photograph: Faith Ringold/ARS, courtesy Pippy Houldsworth Gallery.
Faith Ringgold, The Flag Is Bleeding #2 (American Collection #6), 1997. Photograph: Faith Ringold/ARS, courtesy Pippy Houldsworth Gallery.

Black History month: l’arte come voce collettiva

Questi sono solo alcuni degli artisti che hanno, nel corso del tempo, riversato il loro talento e la loro visione nel celebrare l’eredità della diaspora africana. Una voce collettiva quindi che attraversa i periodi della prima età moderna e del ventesimo secolo che di conseguenza unisce la comunità nera nel narrare storie di ingiustizia, violenza e speranza.

Anche oggi, sempre più artisti neri contemporanei lavorano instancabilmente per affrontare l’ingiustizia razziale e le disparità rafforzate da secoli di travisamento della cultura nera. Tantissimi i giovani artisti che dedicano il loro lavoro alla narrazione autobiografica. Vicina ai temi politici dell’abuso di potere, del conflitto razziale, della brutalità della polizia e della celebrazione dell’identità nera. Cercano di esplorare le questioni fondamentali dell’identità e della rappresentazione della comunità nera attraverso i loro sforzi creativi. In questi tempi turbolenti, quindi, la necessità di rappresentare il dialogo razziale e culturale è più importante che mai, nonostante sia una narrazione che è stata, come abbiamo visto, per secoli al centro dell’esperienza artistica nera.

Ilaria Festa

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Foto di copertina: Jacob Lawrence, The Migration Series. 1940-41. Panel 40: The migrants arrived in great numbers. © The Museum of Modern Art/Licensed by SCALA / Art Resource, NY