
Redazione 01 febbraio 2023 06:50
Le polemiche legate alle condizioni di salute dell’anarchico Alfredo Cospito hanno riacceso l’attenzione sul 41 bis, il regime di carcere duro. Da oltre tre mesi Cospito è in sciopero della fame e il suo stato fisico ha causato il trasferimento in un altro carcere, la casa di reclusione di Opera, a Milano. L’anarchico ha infatti perso 40 chili e si è anche fratturato il setto nasale cadendo nella doccia. Il 7 marzo è attesa la discussione in Cassazione sul ricorso della difesa. Nel frattempo, il governo Meloni si è schierato compatto sulla vicenda. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiarito che “per la parte di propria competenza ritiene di non revocare il regime di cui all’articolo 41 bis”. Ma come funziona in concreto il 41 bis, il carcere considerato “duro”.
- La storia: perché è nato il 41 bis
- Come funziona il 41 bis
- Quanti detenuti ci sono al 41 bis in Italia
- La vita in un “carcere duro”
- Le comunicazioni con l’esterno se si è al 41 bis
- I “paletti”
Il 41 bis: la storia
Il 41 bis nasce all’indomani delle stragi mafiose di Capaci e di via D’Amelio, quando ci si rese conto che il carcere “ordinario” non era sufficiente a interrompere la catena di comunicazione tra i boss e l’organizzazione all’esterno.
Nell’ordinamento penitenziario era stata introdotta una legge che riguardava inizialmente le situazioni di rivolta o altre gravi emergenze, la legge del 10 ottobre 1986 numero 663, conosciuta anche come legge Gozzini, dal nome del suo promotore.
Dopo la strage di Capaci del 1992 la legge Gozzini fu integrata con un secondo comma – il 41-bis -, che rendeva possibile l’applicazione del regime speciale ai detenuti per reati di criminalità organizzata, con scadenze temporali di volta in volta prorogate. L’obiettivo della norma era quello di impedire ogni legame e contatto tra il detenuto e l’organizzazione criminale del territorio di cui faceva parte.
In occasione del decennale di Capaci, il 24 maggio 2002, il Consiglio dei ministri approvò un disegno di legge che prevedeva la proroga per ulteriori quattro anni e l’applicazione del 41-bis anche ai reati di terrorismo (anche internazionale) ed eversione. Il Parlamento, con la legge del 23 dicembre del 2022 numero 279, rese permanente il 41-bis cancellando ogni limite temporale.
Come funziona il 41 bis
Il 41-bis prevede la possibilità per il ministro della Giustizia di sospendere l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti. Chi si trova al 41 bis vive infatti in una cella singola, sotto stretta sorveglianza degli agenti penitenziari 24 su 24, avendo a disposizione due ore al giorno di socialità in gruppi composti da massimo quattro persone e la possibilità di un colloquio al mese di un’ora con i propri familiari, ma videosorvegliato e dietro a un vetro divisorio.
Il detenuto sottoposto al 41 bis prende parte ai processi in cui è imputato collegandosi in aula in videoconferenza. L’ultimo 41 bis in ordine di tempo è stato firmato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio nei confronti di Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio 2023 dopo una latitanza di quasi 30 anni e rinchiuso in carcere a L’Aquila.
Secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ci sono 728 i detenuti – 12 donne e 716 uomini – sottoposti al 41 bis, pari all’1,3 per cento degli oltre 56mila presenti in tutte le carceri italiane.
Di questi: 242 appartengono alla Camorra, 195 alla ‘Ndrangheta, 232 alla Mafia, 20 alla Sacra corona unita, 3 alla Stidda. 32 sono classificati dal Ministero sotto la voce “altre mafie”, mentre 4 appartengono al terrorismo interno/internazionale.
La capienza dei posti disponibili per i detenuti sottoposti al regime speciale è di 790, distribuiti in 12 istituti penitenziari. Di recente istituzione, il 5 luglio 2022, la sezione 41 bis presso l’istituto penitenziario di Modena con capienza di 8 posti. Il carcere con il maggior numero di detenuti al 41-bis – 143 – è quello dell’Aquila, in Abruzzo, in cui al momento si trova Matteo Messina Denaro. Al secondo posto il carcere Opera di Milano, al terzo quello di Sassari in cui si trovava Alfredo Cospito.
Com’è la vita al 41 bis
In alcune sezioni alle finestre delle celle ci sono fino a tre sbarramenti, come scrivono su Ristretti.it, rivista dei detenuti del carcere di Padova e centro di documentazione delle carceri italiane : “Il primo fatto di sbarre vere e proprie il secondo di una rete abbastanza fitta, il terzo fatto da una serie di fasce di ferro o di vetro antiscasso che formano una tapparella dalla quale filtrano poca aria e poca luce. I detenuti di queste celle hanno spesso un notevole abbassamento della vista. I passeggi per l’ora d’aria variano da carcere a carcere: si va da quelli davvero ridotti a quelli grandi come campi di calcetto”.
La disciplina ordinaria contempla per i detenuti “comuni” il diritto a sei colloqui al mese, più eventuali altri colloqui che possono essere richiesti in presenza di particolari circostanze familiari. Il regime del 41 bis prevede un solo colloquio al mese, che si svolge in un locale col vetro divisorio fino al soffitto, telecamere e citofono per parlare coi parenti.
Ci sono anche delle stanze senza vetro divisorio, che servono per i dieci minuti di colloquio consentiti coi figli minori di 12 anni che hanno un bancone che consente il contatto fisico sottoposto a videoregistrazione. Il vetro divisorio è il problema su cui i detenuti hanno protestato. “La nostra protesta civile è per abbracciare i nostri figli. Il vetro divisorio è una tortura psicologica, ci sono mezzi alternativi, telecamere e microfoni. Se lo mantengono è solo per farci pentire, ma il pentimento coercitivo non è genuino”, hanno dichiarato. I colloqui coi familiari possono essere videoregistrati e costituire fonte di informazione utile per attività investigative e per prevenire reati.
Nelle sezioni del 41 bis, i detenuti non possono frequentare corsi scolastici: si può studiare solo per proprio conto e l’unico intermediario coi professori è un educatore. Ciononostante, non sono rari i casi di detenuti che si sono diplomati in 41 bis o hanno conseguito una laurea.
Le comunicazioni con l’esterno durante il 41 bis
Sempre riguardo alle comunicazioni con l’esterno, un’altra limitazione riguarda la corrispondenza, sia in partenza, sia in arrivo che, previa autorizzazione giudiziale, è sottoposta a visto di controllo, “salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia”.
Un’altra prescrizione diretta a regolare i rapporti dei detenuti con l’esterno è quella relativa alla “limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno”: proprio basandosi su tale disposizione l’amministrazione penitenziaria ha imposto il divieto per i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di ricevere e inviare all’esterno libri e riviste.
I “paletti” al 41 bis
La misura del carcere duro ha aspetti controversi che però nel tempo sono stati smussati dalla Corte costituzionale. Attraverso diverse pronunce la Corte – che non ha mai censurato la legittimità del 41 bis, riconoscendone l’utilità nel contrasto al fenomeno mafioso – si è impegnata in un’opera di profonda ricostruzione della disciplina, fissando dei “paletti di costituzionalità”, entro i quali l’Amministrazione penitenziaria si è poi mossa nel dare applicazione all’istituto.
Le indicazioni della Corte costituzionale sono state recepite in toto dalla legge n. 279 del 23 dicembre 2022, che, oltre ad aver reso stabile la misura all’interno dell’ordinamento, ne ha riformato profondamente la disciplina.