È la prima mostra in assoluto al Lightroom di Londra, ex teatro a King’s Cross convertito in centro d’arte contemporanea. S’intitola David Hockney. Bigger & Closer (not smaller & further away), spettacolo multisensoriale frutto di tre anni di lavoro di David Hockney appunto, pittore, incisore, fotografo e scenografo.
Nato a Bradford, in Inghilterra nel ’37, si trasferisce a Los Angeles nel ’63. Nella sua carriera ha prodotto oltre 8.000 opere, ha partecipato a oltre 500 mostre collettive e 400 personali. Nella City, dal 25 gennaio al 23 aprile, porta la sua prima esposizione immersiva, ovvero sei lavori giganti proiettati sulle immense e altissime pareti dello spazio e accompagnati da una colonna sonora incredibile, dedicata al compositore americano Nico Muhly e dalla voce dell’artista.
La mostra è un viaggio nei luoghi da Hockney tanto amati, con l’opera A Bigger Grand Canyon del 1998, si parte dall’Arizzona per arrivare poi in Inghilterra con The Arrival of Spring in Woldgate East Yorkshire. Quest’ultima, in particolare, è del 2011 ed è formata da 12 stampe a getto d’inchiostro tratte da disegni creati con l’iPad, testimonianza dell’instancabile curiosità di David Hockney: è dal 2009 che sperimenta nuove tecniche e ricorre alla tecnologia. «Non so come vedo il colore, ma lo vedo e mi piace», racconta lui stesso per descrivere il metodo usato con la tavoletta touch-screen, una sorta di taccuino digitale.
In mostra c’è anche Gregory Swimming Los Angeles March 31st 1982, collage fotografico di istantanee Polaroid dove riappare una delle ambientazioni preferite dell’artista: le piscine. Molti dei suoi dipinti degli anni ’60 e ’70 hanno proprio come scenografie le azzurre acque delle case di Los Angeles. A stupire è che sia un uomo dello Yorkshire a svelare i dettagli della California come neanche un californiano avrebbe saputo fare.