Il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara l’ha “venduta” come il primo passo verso una scuola davvero diversa ma sindacati e esperti della vita tra i banchi l’hanno definito l’ennesimo atto di propaganda politica. È già tema di discussione l’istituzione della figura del docente tutor e di quella dell’insegnante orientatore, annunciata dal professore milanese con tanto di benedizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che in una nota ha spiegato: “Un passo concreto, inoltre, per superare le diseguaglianze di natura sociale e territoriale, e per favorire le attività di orientamento necessarie ai giovani per compiere scelte consapevoli, in linea con le loro aspirazioni e potenzialità”.
Le sue parole non trovano però consenso nel mondo sindacale che critica Valditara per i fondi messi a disposizione, per aver interessato solo le scuole secondarie di secondo grado quando è noto a tutti che l’orientamento va fatto fin dai primi anni delle medie, per aver escluso i precari dalla possibilità di svolgere queste funzioni e per non aver ben chiarito chi sceglierà questi docenti. A detta del ministro le figure saranno due. Il docente tutor dovrà occuparsi soprattutto di personalizzazione degli insegnamenti. Avrà il compito di coordinare e sviluppare le attività didattiche a favore di una personalizzazione dell’istruzione nelle classi terze, quarte e quinte delle secondarie di secondo grado, favorendo il recupero per i ragazzi che manifestano maggiori difficoltà e consentendo a quelli che hanno particolari talenti di potenziarli.
Altro “personaggio” il docente orientatore, chiamato a favorire le attività di orientamento per consentire ai ragazzi di fare scelte in linea con le loro aspirazioni, potenzialità e progetti di vita, nella consapevolezza dei diversi percorsi di studi e/o di lavoro e della varietà di offerte dei territori, del mondo produttivo e universitario. I docenti interessati dovranno seguire un corso di formazione di venti ore gestito da Indire e completamente on line, che inizierà ad aprile di quest’anno. Tra i criteri non vincolanti ma indicativi per l’individuazione di tale figure: aver prestato 5 anni di servizio a tempo indeterminato, aver svolto funzioni interne alla scuola su orientamento, Pcto e dispersione, oltre che impegnarsi a ricoprire tale incarico per almeno un triennio. La ripartizione dei fondi stanziati per singolo docente sarà effettuata infatti dalla contrattazione di istituto, prevedendo un assegno annuo da 2.850 euro a 4.750 euro lordi.
Tante le critiche formulate dalle organizzazioni sindacali a partire dalla Cisl che ha fatto notare come la previsione di limitare alle sole classi terze, quarte e quinte della secondaria di secondo grado deve risultare in modo esplicito come indicazione di carattere transitorio, visto che lo stesso decreto ministeriale e le linee guida indicano l’obiettivo di “rafforzare il raccordo tra il primo e il secondo ciclo di istruzione”, con la presenza di tutor “nella scuola secondaria di primo e secondo grado”. E se il ministro pensa di lasciare nelle mani dei presidi la scelta dei tutor, la Flc Cgil è ferma: “Va affermato con chiarezza che l’individuazione del docente tutor e del docente orientatore è prerogativa e competenza del collegio dei docenti e non genericamente dell’istituzione scolastica. In questo senso la formazione dei tutor deve essere successiva all’individuazione dei docenti individuati dal collegio: il processo inverso esautora il collegio della sua funzione”.
Critica anche l’Anief: “Su tali criteri ancorché non vincolanti – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale – abbiamo subito espresso la nostra contrarietà sull’esclusione del personale a tempo determinato e sulla mancata previsione di un organico aggiuntivo. Necessario, inoltre, valutare anche gli specifici percorsi già seguiti su dispersione e orientamento dal personale come eventuali attività di recupero”. Ma di là delle associazioni che difendono i lavoratori c’è anche chi solleva critiche come il pedagogista Daniele Novara: “I tutor sono figure di carattere aziendale che non hanno una tradizione nella scuola. La scienza di riferimento da noi è la pedagogia. Ogni ministro sembra inventare qualcosa pur di aggirare la questione centrale dell’istruzione: siamo l’ unico Paese in Europa che non ha i pedagogisti a scuola. Come c’è la medicina negli ospedali, l’architettura nell’urbanizzazione serve la pedagogia tra i banchi”. L’unico ottimista è il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: “L’idea del ministro è buona perché abbiamo bisogno di docenti che si occupino di supportare gli alunni nel loro percorso scolastico. Non ho dubbi che toccherà a noi presidi individuare queste figure”.
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