Bergamo. “Il passato non ha diritti. Fra i tanti diritti affermati o auspicati, quello di essere ricordati non è mai stato neppure proclamato. Ricordare può essere soltanto un dovere, e dunque il passato può sfuggire all’oblìo, e aiutarci a vivere, se ci sono persone che avvertono il dovere di dedicare tempo, intelligenza, e cura a mantenere viva la memoria degli uomini e delle cose”.
Nel pomeriggi di venerdì (27 gennaio), nella suggestiva atmosfera dell’ex Convento di Sant’Agostino, oggi aula magna dell’Università degli Studi di Bergamo, il prefetto Giuseppe Forlenza ha consegnato 204 Medaglie d’Onore, concesse dal Presidente della Repubblica, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a italiani residenti nella provincia di Bergamo, deportati o internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra nell’ultimo conflitto mondiale.
“La cerimonia di oggi si inserisce nel quadro delle celebrazioni del 27 gennaio, che la legge 20 luglio 2000, numero 211 ha riconosciuto come Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Oggi rendiamo onore alla memoria dei tanti cittadini della provincia di Bergamo che furono deportati e internati nei lager nazisti. Ricordi commossi di uomini comuni, racconti di anni scarni e di stenti, tenere lettere degli internati alle loro famiglie”. Con queste parole il prefetto Forlenza ha aperto la cerimonia di consegna delle medaglie d’onore.
Numerose le Autorità presenti, civili, militari e religiose.
Nei giorni scorsi, inoltre, il Prefetto ha consegnato la medaglia d’onore, nella sua abitazione a Chiuduno, al signor Luigi Valota (classe 1923), che con commossa lucidità ha ripercorso i giorni della dura prigionia in Germania (“se l’inferno esiste, me lo immagino così”) e raccontato del senso di smarrimento provato dopo la liberazione.
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