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Global climate strike: lo sciopero globale per l'ambiente dei Fridays for Future

A tutto gas, ma nella direzione sbagliata: il 3 marzo tutto il mondo scende in piazza per il Global climate strike.

A tutto gas, ma nella direzione sbagliata: questo è lo slogan con cui gli attivisti dei Fridays for Future hanno lanciato lo sciopero globale del 3 marzo Global Climate Strike, al quale hanno aderito anche Legambiente e i ragazzi di #Youth4planet e che arriverà nelle principali piazze italiane (e in quelle di tutto il mondo).

Da Roma a Napoli, da Bologna a Bari per arrivare a Palermo e Milano, ambientalisti e semplici cittadini scendono in piezza per chiedere l’abbandono di un modello energetico ormai vetusto, basato sulle fonti fossili, in favore di politiche climatiche più ambiziose e soprattutto di azioni concrete.

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Il tempo stringe: la crisi climatica accelera sempre di più e gli eventi estremi stanno ormai diventando ordinaria amministrazione. Non dimentichiamo il Natale al mare che è stato vissuto da tanti italiani e soprattutto i dati dell’Osservatorio di CittàClima di Legambiente, che contano ben 310 eventi climatici che hanno portato danni da nord a sud, con un bilancio di 29 morti.

Siccità, alluvioni, caldo anomalo, gelo, frane, mareggiate, sono ormai eventi atmosferici all’ordine del giorno in tutto il pianeta: Legambiente chiede al Governo di ascoltare i giovani e di puntare su fonti rinnovabili ed efficenza energetica.

Quegli stessi giovani che, secondo un sondaggio diffuso da WWF e realizzato da EMG Different, sono scontenti dell’operato della politica rispetto ai temi climatici: 6 giovani su 10 danno un giudizio negativo sull’operato del Governo in relazione all’impegno dimostrato su temi ambientali, mentre è diffusa la preoccupazione, con 8 ragazzi su 10 tra gli intervistati che dichiarano in ansia per il climate change.

Global climate strike, le parole di Stefano Ciafani

«La sfida del clima – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è la più ampia, globale e importante che abbiamo davanti. Ma l’Italia continua a dimostrarsi sempre più indietro, con politiche governative poco incisive e incentrate sulle fonti fossili: i nuovi accordi che il Governo Meloni sta stringendo in Libia e Algeria, l’arrivo dei nuovi rigassificatori e il potenziale raddoppio del Tap (Trans-Adriatic Pipeline) sono solo alcuni dei simboli di una strategia che vuole fare dell’Italia il futuro hub del gas per l’Europa. Oggi scendiamo in piazza per chiedere un cambio di passo immediato».

«Siamo stanchi di rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi. Al Governo Meloni – prosegue Ciafani  chiediamo, ancora una volta, di mettere al centro dell’agenda una serie di azioni urgenti: ad una veloce approvazione del Piano nazionale di adattamento climatico, attualmente in fase di consultazione pubblica, devono seguire lo stanziamento di adeguate risorse economiche per attuarlo, non previste dalla legge di bilancio approvata; l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) agli obiettivi europei di riduzione dei gas climalteranti del REPowerEU, dimenticato dal governo Draghi; nuove semplificazioni per tutti gli impianti a fonti rinnovabili, a partire dal repowering per gli impianti eolici esistenti; la velocizzazione degli iter autorizzativi con nuove linee guida del Ministero della Cultura per le Sovrintendenze e una forte azione di sostegno e sollecitazione alle Regioni per potenziare gli uffici che autorizzano gli impianti». 

«Oltre ad una seria politica di riqualificazione del patrimonio edilizio, in grado di rispondere alle nuove Direttive europee. – conclude – Un cambio di rotta, insomma, che miri ad abbattere tutti gli sprechi, a implementare quante più comunità energetiche possibili, a sviluppare reti elettriche e accumuli, e, soprattutto, a mettere in opera tutti quegli impianti da fonti rinnovabili, dai piccoli a quelli di taglia industriali, necessari per traguardare seriamente l’orizzonte della decarbonizzazione al 2035».  

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