La giustizia non si fa attraverso un cappio. In Iran però proseguono le esecuzioni dei manifestanti che hanno partecipato alle proteste degli ultimi quattro mesi. Tra di loro, lancia l’allarme Iran Human Rights, ci sono anche minorenni. L’esecuzione è utilizzata come repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste, scrive Amnesty International denunciando l’uso della condanna a morte fin dallo scorso 8 dicembre 2022.
Le condanne secondo la legge sono già state emesse, ma non è così che si fa giustizia, grida il popolo. La ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha richiesto nuovamente la convocazione dell’ambasciatore iraniano a Berlino per discutere della repressione e dell’oppressione del popolo iraniano e delle recenti esecuzioni. “Queste non posso rimanere senza conseguenze“, ha dichiarato durante una conferenza stampa.
Oggi sono 17 il numero delle pene capitali di cui si hanno notizie, 4 eseguite e 2 confermate dalla Corte Suprema. I ministri occidentali hanno condannato la pratica dell’esecuzione per fermare il dissenso e anche il Papa ha lanciato un appello affinché venga abolita in tutti i Paesi del mondo, ma Ali Khamenei non sembra intenzionato a fare marcia indietro. Ha invece definito tutti i manifestanti traditori e per questo devono essere duramente puniti.
Nuove esecuzioni, rischio anche per minori: l’allarme di Iran Human Rights
Iran Human Rights lancia l’allarme: 109 persone rischiano di essere condannate a morte. Le persone arrestate sono tutti manifestanti che nel corso degli ultimi quattro mesi hanno protestato contro il regime di Khamenei.
La lunga lista delle persone che rischiano di essere condannate a morte o giustiziati se la pena capitale per loro è già stata messa è composta tutta da giovani tra i 20 e 30 anni e alcuni dei nomi sono di minorenni. Il numero però potrebbe non rappresentare la lista completa dei manifestanti arrestati a rischio, ma solo una piccola parte.
Dall’inizio della rivoluzione in Iran sono stati arrestate oltre 20 mila persone presenti alle proteste e più di 500 persone sono state uccise durante gli scontri. Inizia ora la fase delle esecuzioni commesse allo scopo di intimidire la popolazione.
Esecuzione per guerra contro Dio, ma il reato è contro i diritti umani
La motivazione dietro alle esecuzioni in Iran è tanto semplice quanto terribile. Infatti secondo la magistratura iraniana le condanne a morte sono dovute al reato di “guerra contro Dio”. Le sentenze di morte per il reato provengono da un tribunale speciale incaricato di giudicare i crimini commessi dai rivoltosi durante le proteste.
Mentre l’Occidente reagisce con indignazione a quanto succede in Iran, si aggiungono nomi alla lista dei rivoltosi che rischiano la condanna a morte. Fra di loro si sospetta ci sia la coppia di sposi Farzaneh Ghare-Hasanlou e Hamid Ghare-Hasanlou, tre ragazzi di 17 anni e molti altri giovani tra i 20 e i 30 anni che hanno partecipato alle proteste.
Le condanne a morte del regime di Teheran – che si sente minacciato dalla satira – sono solo l’ultimo tentativo di intimidire la popolazione. I manifestanti infatti devono prima passare attraverso gli arresto e le torture. Gli appelli delle organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani sembrano una cadere nel vuoto, con Ali Khamanei che non accenna a fare un passo indietro. Al contrario ripete la propaganda iraniana: “La mano degli stranieri, americani ed europei, nelle rivolte così ovvia che non può essere ignorata”.
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Articolo di Giorgia Bonamoneta