“Non conosco odio, neanche per chi ha commesso questa atrocità”, provo “molta compassione, adesso attendo giustizia per Chiara”. Parole messe nero su bianco da Piero Carta, il padre di Chiara, la 13enne uccisa dalla mamma Monica Vinci sabato 18 febbraio a Silì, frazione di Oristano. Papà Piero ha buttato giù poche righe, piene di dolore e compassione e le ha inviate alla scuola media frequentata dalla giovanissima vittima. Si rivolge alla preside, ai professori, ai compagni di classe della figlia, il genitore li ringrazia per “vicinanza e solidarietà dimostrate nel momento più tragico della mia vita. La morte di una figlia che nessun padre vorrebbe mai vedere”.
“La ricorderò sempre come una ragazzina serena, educata e solare, che stava andando incontro alla vita – scrive Piero Carta, sottufficiale della polizia municipale di Oristano – Come tutte le ragazzine della sua età, amava ascoltare musica dei giorni nostri, rap e trapper, circondandosi di molti amici senza fare distinzioni”. Il papà tratteggia descrive Chiara come “ragazzina matura e ottimista. Quando capitava di prendere delle insufficienze a scuola, mi diceva: ‘Pa’, quei voti li recupero’. Il nostro era un dialogare espansivo – racconta Piero nella lettera – la ponevo al corrente dei possibili pericoli per la sua età, lei era consapevole e prontamente rispondeva ‘Lo so papà…io non faccio quelle cose!’, dimostrandomi sempre la sua maturità”.
Infine, parlando agli studenti, Piero scrive: “Immagino il vostro dolore per aver perso un’amica e compagna di scuola. Il suo banco adesso è vuoto, ma son sicuro che lei è sempre lì con tutti voi. La sua anima è libera, appartiene non più a questa vita terrena, ma è un angelo del Signore. Io da padre continuerò a fare vivere il suo nome, non demorderò mai, sapendo che lei sarà la mia guida e la mia consolatrice sempre”.
Quello di Piero Carta è un dolore doppio. In carcere per l’omicidio di Chiara c’è la donna che l’ha partorita. Monica Vinci, 52enne, è stata arrestata. Ora è stata trasferita dal reparto di Psichiatria dell’ospedale San Martino di Oristano dove era ricovera dopo il tentativo di suicidio, al centro clinico del carcere di Uta. Non spiega perché dieci giorni fa ha ucciso con 30 coltellate la figlia nella loro casa. Il suo difensore, l’avvocato Gianluca Aste nominerà un consulente di parte, uno psichiatra che la visiterà, per accertare se la donna era in grado di intendere e di volere quando ha compiuto il gesto.