Politiche “green”, dalle case alle automobili. Il ceto medio muore – Il Parlamento Europeo, con sempre maggiore vigore, sta emanando norme che progressivamente indirizzano il baricentro delle politiche comunitarie su un rigido ambientalismo.
Nelle ultime settimane noi cittadini semplici italiani ed europei abbiamo dovuto prendere atto delle scelte del Parlamento e della Commissione Europea sia in ordine al patrimonio immobiliare, che nella nostra Italia è assai frequentemente di proprietà delle famiglie, sia in ordine al parco circolante dei veicoli.
Scelte sui cui impatti complessivi sui sistemi socio economici dei singoli Stati che compongono l’Unione sento di poter avere molti e gravi dubbi.
Dubbi che mi spingono a chiedere se il legislatore europeo, o qualche ambiente in grado di influenzarlo, abbia un disegno con una ampiezza ben superiore a quella della tutela ambientale.
Un disegno che abbia, nella sua profondità, la volontà di modificare radicalmente il modello sociale europeo a discapito di quello che si suole denominare “ceto medio”.
Dopo aver emanato una norma sull’obbligo ad attuare standard di tutela ambientale su tutto il patrimonio immobiliare in essere, norma che non tiene conto della storicità architettonica di una rilevante parte degli immobili in Italia, negli ultimi giorni il Parlamento Europeo ha emanato una nuova norma che obbliga gli Stati membri dell’Unione a vietare la vendita di automobili nuove a motore endotermico, quelle a benzina o Diesel, dal 2035. Per i veicoli pesanti i tempi saranno leggermente più lunghi.
Sono 39.782.963 i veicoli circolanti in Italia al 31 dicembre 2022 e di questi oltre 8 milioni hanno superato un’anzianità di 20 anni.
Di questi 244.944 sono elettriche, 125.789 sono BEV e 119.155 sono PHEV.
Dal 2035, si deduce da questo, che 39.538.019 veicoli , dato a cui andranno sottratti, almeno in questa fase, i mezzi pesanti, avranno un valore commerciale assai inferiore a quello che avrebbero sul mercato dell’usato in assenza di questa assai poco comprensibile forzatura politica.
Il motivo che mi porta a definirla incomprensibile è dovuto al fatto che gli impatti sulle singole filiere produttive, con le annesse ricadute occupazionali, sono devastanti ed, al contrario, almeno a chi scrive, ridicole, se non addirittura negative, sembrerebbero le ricadute ambientali. Questo almeno per la nostra Patria che è l’Italia.
Non da sottovalutare, inoltre, l’incredibile dipendenza strategica dalla Repubblica Popolare Cinese che questa decisione causerà.
S&P, la nota agenzia di rating statunitense, recentemente ha, infatti, pubblicato una analisi sulla capacità di produrre batterie per auto agli ioni di litio, attualmente le più avanzate tecnologicamente, dei singoli stati.
Litio la cui industria finalizzata alla produzione di batterie è altamente inquinante dato che le emissioni di anidride carbonica variano dalle 5 alle 15 tonnellate per singola tonnellata di litio estratto. E questo è solo uno degli aspetti di impatto ambientale causati da questa materia prima. Come non evidenziare, solo per portare un esempio, i tempi e le difficoltà legati allo smaltimento del litio esausto?
L’analisi di S&P diviene particolarmente interessante oggi che il Parlamento Europeo ha definitivamente votato la norma attraverso la quale si rende illegale la vendita di auto a benzina e diesel dal 2035. Interesse che si accresce soprattutto se si pone l’attenzione su quali Stati ne potranno ottenere un vantaggio strategico sia a livello globale che europeo.
In particolar modo non si può fare altro che notare come sia la Cina la nazione che ha prodotto quasi la totalità di batterie necessarie ai nostri veicoli.
La Repubblica Popolare Cinese nel 2021 (ultimo dato certo ma da ritenere pressoché confermato nel 2022), ha prodotto il 79% di tutte quelle che vengono vendute nel mondo. Seguono gli Stati Uniti, con il 6,2%, l’Ungheria con il 4% e la Polonia con il 4,1%.
Sempre leggendo l’analisi di S&P, tra il 2020 e il 2025 la produzione di batterie a ioni di litio è destinata a crescere, passando da 455 GWh a 1.477 GWh, peccato che in tutta la UE27 parrebbe esserci solo una miniera di litio in Portogallo, fatto che ci porta a comprendere facilmente che l’Europa sarà costretta a subire la pressione politica degli Stati che hanno il controllo della materia prima. Evidentemente in primis la Cina che si è perfettamente posizionata da anni nei paesi a più alta capacità estrattiva della stessa.
Non sembrerebbe un caso il fatto che sia proprio la Cina, oltre all’Unione Europea, ad essere la principale promotrice della politica di sostituzione dei veicoli da endotermici ad elettrici nel mondo. In linea più generale il governo cinese è il principale sponsor di tutte le politiche ambientaliste, dai pannelli solari, alle pale eoliche, ai veicoli elettrici.
Sia i primi che le seconde, oltre ai principali componenti per i veicoli elettrici, batterie in primis, sono prodotti quasi totalmente in Cina.
Solo per inciso la Repubblica Popolare Cinese, così attenta ai temi ambientali, è e continua ad essere la prima produttrice di CO2 con 9.838.754.028 tonnellate emesse, gli Stati Uniti sono i secondi in classifica con 5.269.529.510 tonnellate emesse, l’Italia è ventiduesima con 355.454.172 tonnellate emesse.
Le politiche europee finalizzate a facilitare la produzione all’Interno dell’Unione degli accumulatori fa ritenere che l’Ue potrebbe aumentare la propria produzione da 28 GWh complessivi nel 2020 a 368 GWh nel 2025.
Dato che rende plastico il fatto che i cittadini europei rimarranno pericolosamente dipendenti dalla volontà del governo cinese su un tema strategico quale quello della mobilità.
Quanto sopra esposto rende veramente incomprensibile le attuali scelte da parte del Parlamento Europeo sia in ordine alle politiche “green” sulle abitazioni, sia sul parco circolante.
I politici europei dovrebbero avere estremamente chiaro il rischio di rendere gli Stati che compongono l’Unione ricattabili da una forza straniera.
Incredibile come la crisi energetica dovuta al gas liquido russo non abbia insegnato ai politici ed ai burocrati di Bruxelles e Strasburgo i rischi di una dipendenza su temi strategici quali i trasporti da un competitore globale come certamente è la Repubblica Popolare Cinese oggi.
Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che, al momento, la Cina è posizionata meglio dell’Europa e degli Stati Uniti nel mercato dei veicoli elettrici, sia per quanto riguarda la loro effettiva produzione che per le filiere dei singoli elementi produttivi che li compongono.
Per esempio, secondo le stime della società di analisi settoriale LMC Automotive la Cina produrrà più di 8 milioni di macchine elettriche entro il 2028, contro i 5,7 milioni dell’Europa e gli 1,4 milioni degli Stati Uniti.
A ottobre 2021, l’imprenditore Elon Musk dichiarava che lo stabilimento Tesla di Shanghai stava già producendo più auto rispetto a quello di Freemont, in California motivando questo con la maggiore facilità di approvvigionamento dei componenti.
Un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, nel novembre 2021, affermava che la Cina controlla gran parte delle attività estrattive legate a minerali fondamentali per la produzione delle batterie, come il litio o il cobalto.
Fatto recentemente confermato da S&P che dichiara che le compagnie cinesi controllano il 70 per cento delle miniere di cobalto della Repubblica democratica del Congo, in pratica circa il 50 per cento di tutte le riserve di questa materia prima sul pianeta.
Noi cittadini semplici italiani ed europei ci stupiamo nel mettere in fila queste informazioni e nel compararle con le scelte del legislatore europeo.
Un tempo usavamo dire, forse stanchi della classe politica italiana, che “ci avrebbe pensato l’Europa”, oggi iniziamo proprio ad essere basiti da norme che sembrerebbero molto poco ponderate.
Speriamo che qualcuno batta un colpo dando a noi cittadini semplici quella serenità oggi perduta.
Ignoto Uno
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