È bello vedere una frazione che aspetta con gioia la festa del santo al quale è dedicata una antica chiesetta, dove si vive una sagra che richiama gente da tutta la Valle Imagna.
La contrada è quella di Brancilione e il Santo è uno dei tre mercanti di neve: Antonio Abate, l’ultimo del trittico con Ilario e Mauro. Tutti e tre in passato arrivavano sul calendario vestendo i paesi della bianca coltre. Il Resegone, che domina la “conca verde” celebrata dall’abate Stoppani nel suo “Belpaese” portava quasi per tutto l’inverno il cappello di ermellino: adesso va a periodi, spesso è
soltanto incipriato.
Brancilione è nel Comune di Corna ma come parrocchia fa parte di Locatello: in entrambi i paesi comunque la festa è storicamente molto sentita ed è tra quelle che inaugurano l’anno (a Berbenno si celebrano quasi in parallelo S. Mauro nella frazione di Ceresola e S. Antonio abate nella prepositurale, quest’anno con la novità dei fuochi d’artificio sabato sera 14 gennaio).
L’appuntamento di Brancilione, che ebbe come suo narratore speciale il prof. Costantino Locatelli, nativo proprio di questo nucleo, tuttora abitato da suoi figli, rientra in quelle date che si tramandano con fedeltà rinnovata. Molto sta cambiando nel “come” si vivono le stesse feste, ma S. Antonio “de Branziù”, riesce ancora a creare un clima particolare. Al religioso si unisce da decenni un prologo serale gastronomico, al sabato che precede la festa, a base di gnocchi o trippa come piatti principali, ai quali fa poi da cornice un’affollata tombola, il tutto all’oratorio
parrocchiale.
È un’atmosfera che resta soprattutto familiare: di gente che crede nei proverbi, nell’attaccamento alla propria identità, nel lavoro si diceva non caso che il santo del lunedì si chiama “san grintù” (grinta, quindi voglia di piegare la schiena, soprattutto in passato). Ed è anche confortante assistere a persone che si impegnano per giorni a preparare addobbi con i quali si decorano le vie del paese, lungo il percorso dove alla domenica si snoda la processione.
Come si ricorda in un libro curato da Maria Locatelli, che è anche una delle animatrici della festa, Brancilione era già un centro della Valle Imagna nel 1150, con due famiglie eminenti delle quali ha scritto Angelo Alfredo Invernizzi: la famiglia dei Locatelli detti Grisa e quella dei Fantoni-Locatelli, da cui deriva Ca’ Fantoni, ormai nel dimenticatoio. L’oratorio risale al 1663: quest’anno ricorrono i 360 anni dall’edificazione. A prendere l’iniziativa fu don Giovanni Locatelli dei Grisa, l’edificio passò poi sotto la giurisdizione della parrocchia di Locatello. C’è una lapide
all’interno che sintetizza il motivo della costruzione, inizialmente dedicata a S. Antonio da Padova che poi passò il testimone all’abate, anche per la vocazione contadina di questa terra. Il sacerdote eresse il tempietto a sue spese “per grazia ricevuta” e la grazia era stata l’aver salvato la vita dalla peste che a Brancilione aveva causato la morte di 52 uomini e 50 donne. Al 1675 risale la facoltà vescovile di celebrarvi la Messa.
Nel 1946 la festa di S. Antonio abate assunse un importante valore aggiuntivo: i reduci dalla seconda guerra mondiale vollero abbinare a questa ricorrenza la gratitudine per aver avuto salva la vita e per essere ritornati sani e salvi alle loro famiglie In questo lungo solco di storia, appartenenza e devozione si colloca la festa di S. Antonio abate, che ora, al posto di muli, asini e cavalli vede la benedizione dei cavalli meccanici: dopo la Messa delle 10.30, domenica ci sarà la sfilata di trattori e auto davanti alla chiesetta, dove al pomeriggio i Vespri seguiti dalla processione. E si
finirà con un momento di festa insieme: come le sagre di una volta contemplavano.
“La stalla è scomparsa in valle, sostituita dal salotto – annotava con un po’ di malinconia Costantino Locatelli –; il fienile ha ceduto il posto alla mansarda; ai muli del Begèt, pure scomparsi, sono subentrati i camion come al carretto del corriere Murì, diventato manufatto da museo, si sono sostituiti i potenti e lucidi TIR che in questa circostanza attendono di sfilare, allineati sulla strada da Corna”.
La lunga e antica collana dei ricordi lontani, si è impreziosita di una memoria del passato prossimo: quella di Costantino Locatelli che ha scandito fino all’ultimo l’inevitabile evolvere dei tempi. Nelle foto: processione con la statua di S. Antonio nel 1946 a Brancilione con i reduci dalla seconda guerra mondiale che vollero ringraziare il “loro” Santo per aver avuto salva la vita. Al termine, foto di gruppo con don Pietro Terzi.
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