Uno studiolo per gli insegnanti. Dove possono correggere i compiti in classe e preparare le lezioni. E ricevere i genitori. Si tratta dell’idea lanciata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara durante la presentazione del programma Didacta. Idea che non entusiasma i diretti interessati e nemmeno alcune forze politiche. Ma uno scenario del genere non è del tutto inedito.
“Stiamo preparano una indicazione agli enti locali per dare attenzione alle luci, ai colori, alla qualità del suono e della didattica negli istituti – ha spiegato il ministro durante il suo intervento – mi piacerebbe che ogni docente avesse un suo studiolo a scuola, una postazione con un pc, una libreria, dove poter preparare le lezioni, ricevere i genitori, fare ricerca. La scuola deve avere serenità nello studio e nel lavoro e deve essere accogliente. Una scuola intelligente è una scuola che crea serenità nell’apprendimento e nell’insegnamento”.
Subito la replica che arriva dal Movimento Cinque Stelle: “Il libro dei sogni del ministro Valditara si arricchisce di un nuovo capitolo. Oggi ci fa sapere che gli piacerebbe che “ogni docente avesse un suo studiolo a scuola”: dunque vorrebbe dotare gli istituti di circa 900.000 studioli, idea interessante ma che cozza con la realtà dei fatti che lui e il suo governo stanno delineando per la scuola pubblica italiana. Ha forse dimenticato che in legge di bilancio sono programmati tagli per 4 miliardi nei prossimi anni? Si ricorda la norma che prevede l’accorpamento di scuole con possibile chiusura di interi plessi su tutto il territorio italiano, soprattutto al Sud?”, si chiedono i pentastellati, che aggiungono: “Il tutto mentre all’orizzonte si staglia la scure dell’autonomia regionale e ci sono studenti che passano l’inverno al freddo in tanti istituti italiani. Le sue parole contraddistinguono la vecchia politica, brava a fare bei discorsi e promesse mirabolanti ma sempre pronta a fare l’esatto contrario”.
Proposta che, come spiegato in precedenza, non ha riscontrato il parere positivo degli utenti di Orizzonte Scuola, che hanno evidenziato come l’idea in sé, ammesso fosse percorribile in linea teorica, si scontra con una realtà molto chiara: “Lo studiolo? Ma se ci mancano le aule, le sedie, i banchi, la carta, penne e matite? Ma di che stiamo parlando?”
In effetti, non si può non notare quanto la situazione media degli istituti scolastici italiani non lasci presagire uno scenario come quello tratteggiato dal Ministro.
Ciò non toglie, però, che non si possa ragionare in tal senso, provando a puntare da un lato sull’efficientamento degli edifici scolastici e dall’altro, nell’ottica di rivoluzionare il sistema a 360°, proprio rimodulare il lavoro dell’insegnante. Un sistema dove il docente lavora 36 ore a settimana, entro le quali poter svolgere tutte le attività. Si tratta di una proposta avanzata dal Movimento Docenti, che Orizzonte Scuola ha approfondito durante un’intervista alla Presidente e Coordinatrice Antonella Daniela Zisa.
“A nostro parere, il modo migliore per far emergere il sommerso a scuola è dettagliare, voce per voce, in termini di quantità di ore da dedicare ad ognuna di esse, quali sono le incombenze dei docenti che affiancano l’impegno fisso della docenza”, spiegava l’insegnante.
“Per esempio, 18/24 ore a settimana di lezioni in classe, 130 ore per consigli, collegi ed organi collegiali in genere, 50 ore annuali di ricevimento genitori, e così via. Contrattualizzare il numero esatto di ore per ogni tipologia di attività non è di per sé sufficiente, nella dimensione flessibile del lavoro intellettuale, a garantire il rispetto di tali obblighi contrattuali da parte dei docenti. Le opzioni sono due: o si ipotizza che il lavoro dei docenti debba essere equiparato in toto a quello degli altri dipendenti pubblici laureati, con un orario pari a 36 ore settimanali da svolgersi presso la sede lavorativa, quindi a scuola, oppure si assume che i docenti possano effettuare in telelavoro le ore di lavoro che seguono l’attività di docenza curricolare, compresi i periodi pre-ferie, quelli prenatalizi con esclusione di scrutini e di Esami finali, ecc.”, ha concluso.
Senza volerlo, forse, il Ministro ha riaperto indirettamente il tema del lavoro sommerso, a cui probabilmente, si potrebbe dare una soluzione proprio partendo da uno studiolo che permetta all’insegnante di lavorare a scuola “alla luce del giorno”.
Poi, il passo successivo, a prescindere dalla proposta del Movimento Docenti, potrebbe essere quello di discutere in sede contrattuale la forma giusta per riconoscere il lavoro che si svolge in classe e… nello studiolo.