La necessità fa l’uomo ladro, ma anche architetto e designer. Soprattutto oggi che si deve far fronte a una oculata vita bonsai – non monacale ma monolocale – in cui incastrare senza consulenza in scatole sempre meno costose e sempre più piccole piaceri e necessità domestiche mai tenute in considerazione dai professionisti del progetto. Per il cielo in una stanza insomma – o lo smart working da futon in 30 mq- si fa da sé. E così qualcuno incastona la scrivania con computer e schermo 27 pollici in un armadio oppure si scopre che pur di non rinunciare alla vasca da bagno c’è chi sopra ci ha montato un soppalco col letto.
“L’idea è proprio far emergere la vita vera, l’uso reale degli appartamenti, per riflettere non solo su quanto è mutato l’abitare ma su come dovrebbe essere accompagnato, rivisto alla luce di nuove abitudini e necessità, da chi per mestiere lo immagina” spiega Giordana Ferri, direttrice di Fondazione Housing Sociale. Che in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Milano, promotore del festival itinerante Cara Casa (il programma tra il 15 e il 30 aprile anche a Venezia, Bologna e Genova oltre che al Salone del Mobile) ha lanciato Racconti Domestici. Ovvero una open call fotografica rivolta a quanti e quante (quindi praticamente chiunque) possano e vogliano raccontare un uso imprevisto e spontaneo dello spazio in cui vivono.
Il bando scade lunedì 13 marzo alle 23,59, modalità e regolamento si consultano su ordinearchitetti.mi.it, agli scatti (massimo 3) delle proprie originali riletture di locali, angoli, vani, va aggiunta una descrizione da 500 battute. Non si vincono premi, c’è la soddisfazione di partecipare (magari facendosi conoscere) a una riflessione quanto mai attuale. Legata anche (ma non solo) al tema affitti improbabili così tanto milanese.
“Restando sul vago, visto che la call è in corso, si possono dire già un paio di cose” concede Ferri. La prima è che il costo dell’abitare, soprattutto a Milano appunto, si traduce ovviamente nelle dimensioni anguste delle metrature. “Lo spazio è il problema ricorrente e ricorrenti sono le idee che cercano di ricavare destini d’uso diversi da quelli canonici”. Per esempio una terrazza immaginata con un tavolino e due sedie a ridosso delle finestre aperte sul minuscolo balcone già occupato da due, ma proprio due, piantine. “Balconi e terrazze sono in cima ai desiderata ma farne per tutti non è immaginabile. E però se gli architetti disegnassero prevedendo più continuità tra stanze e finestre avremmo, diciamo, quasi delle verande stagionali”.
Il principio di far stare ogni cosa nei pochi metri a disposizione sembra però sempre più simile alla casa preconizzata da Pozzetto ne Il ragazzo di campagna. “Il limite tra il comico e il geniale è sottile, certo c’è poco da ridere, perché è così”. Eppure il sogno rimane la casa borghese. “Come mai, non appena ce lo si può permettere, si premia il caro vecchio taglio borghese di una volta invece di soluzioni più in linea coi tempi?”. Forse perché il vero lusso è non essere costretti a utilizzare per forza lo spazio. “Mi hanno infatti colpito molto le immagini di uno che da quando si è ritagliato un angolo vuoto in casa ci ha detto di essere molto più felice”. Beato lui, anche se quella di arrangiarsi è l’arte che da sempre manda tutti avanti. “Si deve superare l’Ottocento, la divisione degli ambienti non è questione ancestrale ma culturale”.