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La Mappa dei rischi umani e ambientali delle filiere di Fairtrade

È stata presentata a gennaio la nuova Mappa dei rischi umani e ambientali lungo le filiere di produzione di caffè, cacao e banane curata da Fairtrade, organizzazione internazionale no profit che si occupa di certificazioni del commercio equosolidale. Si tratta di una piattaforma online accessibile a tutti che permette di individuare le principali criticità che riguardano queste filiere in tutto il mondo. Tanti i temi che emergono, dall’assenza di equo compenso e l’impatto sulla povertà alle barriere di accesso al lavoro per le donne; molto rilevanti anche i problemi connessi all’ambiente, come lo spreco delle risorse idriche e le minacce alla biodiversità. Proprio perché conoscere le catene produttive degli alimenti è il primo passo per un cambiamento verso la sostenibilità, abbiamo intervistato Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia, per farci raccontare come funziona la Mappa e come potrebbe essere utilizzata da cittadini e imprese.

Fairtrade è un’organizzazione internazionale che si occupa di realizzare progetti di sviluppo umano, sociale e ambientale insieme ai produttori agricoli dei Paesi in via di sviluppo. Proprio per questo lavora a stretto contatto con migliaia di persone che, ogni giorno, raccolgono e coltivano materie prime che fanno parte del paniere quotidiano di molti in Europa, ma la cui voce non giunge fino al consumatore del Vecchio Continente. 

Le stesse aziende che, in Italia e in Europa, producono o commercializzano quei prodotti possono avere delle difficoltà nella relazione e nell’ascolto con le piccole e piccolissime realtà produttrici dei singoli territori. Allo stesso tempo la normativa dell’Unione Europea sta introducendo obblighi sempre più stringenti relativi alla necessità di prevenire, mitigare e porre rimedio ai rischi maggiori lungo le filiere di approvvigionamento.  

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“La mappa” ci racconta Pastore, “nasce proprio in questo contesto e monitora i rischi sociali, ambientali ed economici che riguardano le filiere che abbiamo analizzato. Permette alle aziende, di tutte le dimensioni, di identificare i possibili problemi o le violazioni dei diritti umani in maniera tale da poter reagire e identificare la loro responsabilità sociale rispetto ai consumatori.”

Trasparenza, tracciabilità e sostenibilità sono, infatti, concetti chiave per lo sviluppo del settore agroalimentare in Europa. E il rispetto di questi parametri viene chiesto non soltanto in relazione a quanto prodotto e realizzato all’interno dei Paesi membri, ma sempre di più anche su ogni step della vita del prodotto. In tal senso, uno degli strumenti più innovativi è l’applicazione della tecnologia blockchain. Non è un caso che esistano diversi progetti pilota che riguardano il caffè, una delle filiere osservate da Fairtrade.

La Mappa dei rischi è uno strumento che non mette al centro il viaggio del prodotto dal campo alla tavola, ma piuttosto le priorità, le difficoltà e i bisogni delle persone e dell’ambiente attorno alla coltivazione del prodotto. “Conoscere i rischi è fondamentale per stabilire degli standard di correttezza a livello globale. Speriamo che nessuna azienda possa esimersi da approcciare in modo proattivo questo tipo di problematica” aggiunge il presidente di Fairtrade.

Caffè, cacao e banane: i rischi lungo le filiere

L’analisi e la raccolta delle informazioni di Fairtrade è partita da tre filiere, dunque: caffè, cacao e banane in Asia, America Latina e Africa. Ciò che è emerso è come un lavoratore su cinque viva in condizioni di povertà. Cruciale anche il tema del lavoro minorile che sta aumentando anziché diminuire: si stima che circa 160 milioni di bambini svolgono un lavoro che li costringe a interrompere la scuola e che danneggia la loro salute. Di questi, circa il 70% è impegnato in agricoltura. Dal punto di vista ambientale, invece, uno dei dati più rilevanti riguarda le risorse idriche: la produzione agricola, sottolinea Fairtrade, è responsabile del 70% dei prelievi di acqua dolce nel mondo. 

“La nostra Mappa dei rischi” spiega Pastore “intercetta questi problemi di tipo sociale, ambientale ed economico per permettere alle aziende di ascoltare la voce dei produttori, ma anche di individuare soluzioni e buone pratiche per ridurre gli sprechi e tutelare le persone.”

MIA Studio/shutterstock.com

Pastore ci racconta come questi rischi si traducono nella pratica, secondo quanto osservato da Fairtrade sul campo. “Rispetto al 100% della frutta consumata in Italia ogni anno, il 15 % è rappresentato dalle banane. Una criticità significativa di questo tipo di filiera in Colombia, Ecuador e Repubblica Dominicana riguarda il fatto che vengono spesso utilizzati prodotti di sintesi, come per esempio pesticidi e altri composti chimici, senza le dovute cautele. Non c’è un alto grado di consapevolezza di quali siano le procedure sicure, quindi noi lavoriamo per formare i lavoratori coinvolti in maniera tale che i prodotti non danneggino né l’ambiente né le persone”.

In America Latina sono stati fatti importanti passi avanti nell’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, mentre la situazione è ancora critica, secondo Fairtrade, in alcuni Paesi africani. “È fondamentale che, oltre alle attività produttive agricole, le donne abbiano accesso alle cure. Questo elemento è cruciale e spesso è connesso alle condizioni di lavoro e all’opportunità di poter partecipare attivamente alla vita produttiva. Solo in questo modo è possibile garantire servizi sociali di supporto alle famiglie” racconta il direttore di Fairtrade Italia. 

“Good Ethics is a Good Business”: il ruolo delle scelte consapevoli

La mappatura dei rischi di Fairtrade proseguirà nei prossimi mesi e si allargherà ad altre filiere dove l’organizzazione opera da decenni. Allo stesso tempo, però, è avviato un programma di sensibilizzazione di istituzioni, aziende e consumatori affinché ciascuno sia sempre più consapevole di ciò che accade lungo la catena di produzione di cibi che consumiamo tutti i giorni. 

“Siamo cittadini, non possiamo considerarci distanti da questo tipo di problematiche” sottolinea Pastore, che aggiunge: “Dobbiamo scegliere prodotti con consapevolezza, e auspichiamo che le imprese non vedano questa attenzione solo come un modo di rispettare una normativa calata dall’alto, ma come una scelta aziendale per garantire sviluppo sociale e sostenibilità per sé e per la società di riferimento. Mi piace ricordare una frase di alcuni economici di scuola anglosassone: ‘Good Ethics is a Good Business’.” Un invito, dunque, a rendere il rispetto dei diritti umani, economici, sociali e ambientali in ogni passaggio della filiera come elementi del core business delle imprese che lavorano con il cibo.

“Pensiamo che da soli non si vada da nessuna parte” conclude il direttore generale di Fairtrade Italia, “anzi, dobbiamo essere insieme per innescare un cambiamento, ricordandoci che abbiamo una sola Terra da conservare per figli e nipoti: non è inesauribile, dobbiamo tutti essere responsabili e corretti per poterla preservare.”


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