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Abbiamo provato i peggiori caffè espressi in tutto il mondo…

Vi siete mai chiesti perché nei bar italiani le tazzine dell’espresso vengono posizionate sopra la macchina, coperte da un tovagliolo di stoffa? Semplice: così rimangono calde e conservano la temperatura del caffè appena versato. Oppure perché si dovrebbe sempre far scorrere l’acqua prima di preparare ogni espresso da bar? Per eliminare il residuo del fondo precedente ed evitare bruciacchiature nell’espresso che segue. 

La bontà di un caffè dipende poi da tante altre variabili: la qualità della macchina e la sua manutenzione, la macinatura al momento (ma i chicchi nella campana dosatrice devono essere ben coperti, altrimenti gli oli naturali tendono a irrancidirsi), la scelta dell’acqua (minerale, mai di rubinetto o frizzante).

Varietà e tostatura

Conta poi, ovviamente, la scelta della varietà, che dev’essere arabica o robusta. E qui il discorso si fa interessante. «In Italia usiamo meno arabica e più robusta, che è una varietà meno pregiata ma che garantisce più cremosità e corposità. Inoltre noi tostiamo di più il chicco, che così perde acidità e rafforza le sue note amare. È per queste ragioni che l’espresso italiano ha un sapore diverso da quello che si beve fuori dall’Italia» spiega Mario Illiano, avvocato e degustatore professionista di caffè.

Ma perché il nostro espresso è buono?

Insomma, siamo quasi al paradosso: in Italia usiamo una qualità di caffè inferiore, eppure la tradizione e la lavorazione fanno sì che il nostro espresso sia più buono di quello fatto all’estero. Ma è davvero così? E se la nostra fosse solo un’abitudine? «Ci sono in ballo troppe variabili, dalle varietà di caffè ai tipi di tostatura, fare paragoni è difficile» ribadisce Illiano, «l’unica cosa che possiamo davvero uniformare è la preparazione che avviene, appunto, in modo rapido grazie a un’apposita macchina».

Macchina che, neanche a dirlo, è stata inventata in Italia – nel 1884, dall’imprenditore torinese Angelo Moriondo. In definitiva: sarà anche di qualità inferiore ma l’espresso italiano si presenta con una cremosità, un retrogusto amarognolo e un’«altezza» che non ha paragoni al mondo.

La nostra prova di espressi per il mondo

E allora, per una volta, mettiamo da parte il politicamente corretto e lodiamo a fondo, indirettamente, il nostro espresso con un viaggio tra alcuni degli espressi più improbabili bevuti in giro per il mondo. Gustatevi – se così si può dire – la gallery sotto.

Normandia, Francia

2021, Honfleur (Francia) – La prima cosa che ho pensato appena giunto in Normandia è stata: «Meravigliosa, forse l’unico paesaggio che non abbiamo in Italia». Sull’espresso locale invece è meglio non costruire pietre di paragone: quello in foto era un intruglio difficile da assaporare

Alaska, Usa

2019, Glacier Bay (Alaska) – Gli americani sono incredibili. Gli chiedi un espresso «one shot» e ti versano quattro dita di liquame torbido nei loro bicchieroni di carta da passeggio. Lì dentro, probabilmente per empatia con gli iceberg del Glacier Bay Park, galleggiavano anche grumi di fondo di caffè. Il muffin però era buono. 

Amsterdam, Olanda

2018, Amsterdam (Olanda) – E dire che qui le skills sembravano esserci. Una tazzina spessa, una macchina dall’aspetto professionale, un sentore discreto. Il diludendo, direbbe Joe Bastianich, era però a portata di papilla: quell’espresso era troppo liquido e parecchio bruciacchiato. Vuoi che muoro?!

Gedda, Arabia Saudita

2022, Gedda (Arabia Saudita) – Un discorso a parte merita il Qahwa, il caffè arabo che si ottiene dall’unione tra caffè arabica, cardamomo e altre spezie. Quello che ho provato io era molto acido, oltreché bollente. Il modo migliore per addolcirlo sono i datteri, che non a caso sono serviti insieme

Hawaii, Usa

2022, Big Island (Hawaii)/1 – Qui il caffè lo chiamano Kona coffee, viene coltivato sulle pendici di alcuni vulcani e venduto a caro prezzo: una tazzina si aggira sui quattro dollari. Questa è una piantagione di arabica che ho visitato. Prometteva bene…

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