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Campari chiude l’anno a 2,7 mld € (+24,2%). Usa in corsa

Il crescente interesse degli americani nei confronti degli spirits a discapito dei consumi di birra premia Campari. Nell’area Americhe (che genera il 46% del totale dei ricavi), le vendite organiche del gruppo sono cresciute del 16,6 per cento. Negli Stati Uniti, mercato principale di Campari, le vendite sono aumentate del 14% “grazie al continuo slancio positivo nel canale on-premise e ai sostenuti consumi domestici”, si legge in una nota. La performance positiva è stata inoltre trainata dalla crescita a doppia cifra dei brand Espolòn, Wild Turkey bourbon, Russell’s Reserve, Aperol e Campari, “grazie alla domanda molto sostenuta dei consumatori, e ha beneficiato anche degli aumenti di prezzo”. Infatti, come riportato da Reuters e specificato dal CEO Bob Kunze-Concewitz, “lo scenario americano è molto positivo, perché l’industria degli alcolici sta guadagnando quote di mercato a scapito della birra”.

L’area Sud Europa, Medio Oriente e Africa (pari al 28% del totale) è cresciuta del +18,2 per cento. L’Italia, mercato principale, è cresciuta del +15,4 per cento. La performance è stata però lievemente negativa nel quarto trimestre (-1,5%) “principalmente a causa dell’effetto di vincoli sulla disponibilità del vetro per gli spumanti Cinzano nel loro picco stagionale e della base di confronto sfavorevole (+60,0% nel quarto trimestre 2021)”.

Le vendite dei brand a priorità globale (pari al 57% del totale) hanno registrato una crescita a livello organico del +18,7%, grazie soprattutto alle performance di Aperol (+28,2%), Campari (+23,8%), e Wild Turkey bourbon (+26,2%), che ha beneficiato di “una combinazione di revival dei cocktail classici nel canale on-premise e alla mixology a casa”. Il bourbon, infatti, è infatti un asset di sviluppo per Campari che vuole rendere la categoria il secondo asse di sviluppo del gruppo.

Nel complesso, le vendite del gruppo sono state pari a 2,7 miliardi di euro, in aumento del +24,2% a valore, con una variazione organica pari al +16,4% (+9,6% nel quarto trimestre). L’ebit (19,0% delle vendite nette) e l’ebitda (22,3% delle vendite nette) si sono attestati rispettivamente a 511,5 e 602,0 milioni. L’utile netto del gruppo è stato di 333 milioni, mentre l’utile netto rettificato è stato pari a 387,8 milioni (+26 per cento). Il Consiglio di Amministrazione ha proposto la distribuzione di un dividendo di 0,06 euro per ciascuna azione

“In confronto al periodo pre-pandemico – afferma il CEO Bob Kunze-Concewitz – le nostre vendite sono aumentate organicamente del 40% grazie alla dinamica molto positiva dei brand, agli aumenti di prezzo, nonché al potenziamento della struttura commerciale che ha guidato una forte domanda da parte dei consumatori”.

Guardando al 2023, “rimaniamo fiduciosi – prosegue il CEO – sulla dinamica positiva del business nelle combinazioni chiave di brand e mercato grazie alla forza dei nostri marchi, con particolare riferimento agli aperitivi. Continueremo a sfruttare le opportunità di adeguati aumenti prezzo nelle specialità, nonché di premiumizzazione del portfolio dei prodotti invecchiati. Il contesto macroeconomico rimane in generale sfidante per l’inflazione, nonostante alcuni segni di moderazione; ciononostante rimaniamo fiduciosi di preservare l’attuale marginalità operativa sulle vendite al livello organico”.

Riguardo al medio periodo, “rimaniamo fiduciosi di continuare a realizzare una sostenuta crescita organica delle vendite e un miglioramento del mix, generando un’espansione della marginalità. Per soddisfare la futura domanda dei nostri consumatori, stiamo accelerando i nostri investimenti nella supply chain con lo scopo di raddoppiare la nostra capacità produttiva nelle categorie chiave di aperitivi, bourbon e tequila”.

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