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Il dietro le quinte di questa tecnica secolare e i segreti su come trattare mobili e complementi sapientemente intrecciati. E poi, le ultime novità design dal sapore artigianale.
Cannage, ovvero la tecnica di tessitura su telaio che utilizza canne di rattan o paglia di Vienna per realizzare l’iconico motivo a intreccio, in stile nido d’ape, che tutti conosciamo. Una lavorazione che arriva dal passato e che risale ai primi anni de La Régence, il periodo francese compreso tra il 1715 ed il 1723 in cui il paese, dopo la morte di Luigi XIV, fu governato da un reggente, Filippo II d’Orléans. Proprio di quel periodo, infatti, sono le prime poltrone realizzate con questo trama speciale.
Ancora oggi, dopo ben tre secoli, i mobili e i complementi realizzati con materiali naturali dalla lavorazione Cannage sono molto ricercati: sarà per il loro sapore artigianale, per il fascino antico o per la crescente tendenza ad arredare le nostre case con oggetti unici e speciali, fatto sta che l’estetica capace di raccontare manualità e tradizioni è sempre amatissima e guarda al futuro.
Noi abbiamo fatto qualche domanda a Gianluca Maurizi, il founder di Bottega Intreccio, realtà italiana che è stata capace di creare, attraverso gli antichi saperi, un nuovo linguaggio contemporaneo che strizza l’occhio al design più ricercato. Uno studio diffuso che si avvale del know-how di botteghe e laboratori del territorio, per creare, in totale sinergia, oggetti unici ed eccellenti. La loto storia inizia nel 2014 a Mogliano, nelle Marche, ma nasce molto prima, attraverso le mani di Giuseppe Maurizi, uno degli artigiani più anziani. Oggi? L’obiettivo è di raccontare l’arte dell’intreccio applicata all’universo dell’interior: dalle lampade agli accessori in vimini, midollino, giunco e bambù.
Ci può spiegare qualcosa di più sul cannage?
«Si tratta di quella particolare tecnica di intreccio, molto usata nell’ambito dell’arredo, capace di creare quel caratteristico motivo geometrico traforato. Generalmente lo associamo al materiale paglia di Vienna. C’è da fare comunque una premessa: tutti i termini che usiamo derivano unicamente da una tradizione orale tramandata per generazioni, non esiste un vocabolario “certificato” dei termini. Del resto, l’intreccio è un’arte antica come l’uomo (conosciuta già nell’era primitiva) e diffusa su tutto il pianeta, con le più diverse declinazioni di materiali e tecniche».
Oggi è stato rivisitato in tanti modi, quali sono le materie prime utilizzate nella lavorazione originale?
«Sono quelle che gli artigiani trovavano abbondanti nei campi e che rispondevano a certe caratteristiche di resistenza. Nelle Marche, per esempio, quello più usato per la cesteria era il salice, ma anche paglia e erbe palustri. Alcune di queste materie vengono riprese nelle nuove proposte e si stanno piano piano riscoprendo».
Quali sono i tempi e modi di lavorazione?
«I tempi di ogni lavoro dipendono da vari fattori, come le dimensioni e la forma dell’oggetto che vogliamo realizzare. Nel nostro percorso abbiamo intrecciato oggetti con un tempo che va da 2 ore a 1 mese di intreccio a 4 mani. È un lavoro che non necessità di attrezzi, ma solo di acqua per bagnare il materiale e, ovviamente importantissimo, della mano sapiente dell’artigiano».
È una lavorazione delicata ma allo stesso tempo resistente, avete qualche consiglio su come trattarla al meglio per prendersene cura?
«Un oggetto intrecciato può resistere per centinaia di anni se correttamente conservato. Gli accorgimenti da tenere a mente sono semplici: non bisogna esporlo alle intemperie, non lasciarlo in luoghi umidi. La sua pulizia, inoltre, è facile, basta spolverarlo senza uso di agenti chimici, meglio ancora se con aria compressa».
Che progetti avete dedicato a questa lavorazione?
«Tutta la nostra azienda è rivolta a questa tecnica, creiamo nuovi oggetti e seguiamo collaborazioni speciali con architetti e top brand. Recentemente, per citare uno degli ultimi lavori, abbiamo intrecciato le volte e le colonne di una antica stanza».
Il Cannage, negli ultimi anni, è diventato anche una forma di ispirazione e, i suoi disegni regolari, la base per una texture da riprodurre nei più svariati materiali. È anche la signature di una Maison di moda che, della sua eccellenza artigiana ha fatto la firma. Stiamo parlando di Dior che ha dedicato il matelassé delle sue borse più iconiche proprio all’antica lavorazione a intreccio di cui stiamo parlando. La storia racconta che Christian Dior, durante le sue sfilate nell’Atelier di Avenue Montaigne, facesse accomodare i suoi ospiti su eleganti sedie impreziosite da intrecci Cannage in stile Napoleone III e che, da quel momento, queste geometrie entrarono a far parte dell’estetica del marchio. Che si riflette nella collezione moda, come in quella della casa, dove, reinterpretato da Cordelia de Castellane per Dior Maison prende vita sotto differenti forme. Come nel caso dei nuovi piatti, incisi e dalla forma ottagonale (l’8 era il numero fortunato dello stilista) che celebrano il virtuoso artigianato della casa francese.
E, dopo la ceramica, il Cannage conquista anche il vetro, come nei tavolini fusi a gran fuoco disegnati da Emmanuel Gallina per Fiam.
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