Ancora violenza a scuola, ancora atti violenti nei confronti del personale scolastico. Solo nelle ultime ore sono stati due gli episodi di aggressioni nei confronti di personale del mondo della scuola.
Il caso di Castellammare di Stabia
Il primo è avvenuto a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove una madre di una studentessa ha fatto irruzione a scuola e ha aggredito la docente di inglese, accusata di aver dato un voto troppo basso alla figlia. La donna ha afferrato per i capelli la docente e l’ha colpita con schiaffi al volto, durante diversi insulti. Il personale della scuola ha impedito il peggio.
Il caso di Cesena
Il secondo episodio è accaduto a Cesena, dove un dirigente scolastico è stato aggredito e colpito da un parente di una studentessa. L’uomo è andato a prendere la nipote senza avere la delega dei genitori, e il preside ha cercato di spiegare perché la scuola non poteva affidargli la ragazzina, ma l’uomo si è innervosito e gli ha sferrato un pugno. Il dirigente scolastico è andato al pronto soccorso e ha avuto una prognosi di 14 giorni.
Valditara: “Nessuno rimarrà solo”
“Di fronte a questo preoccupante susseguirsi di aggressioni ai danni del personale della scuola, il Ministero dell’Istruzione e del Merito valuterà i presupposti per proporre una costituzione di parte civile, eventualmente lamentando anche un danno d’immagine all’Amministrazione. Docenti e presidi non saranno lasciati soli”. Così Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito in una nota.
La scuola come una trincea
La scuola non dovrebbe essere vista come un fronte di guerra. Tuttavia, ogni giorno si verificano aggressioni contro il personale scolastico, sia quelle conosciute che quelle nascoste. Questi episodi, che includono lancio di oggetti contro gli insegnanti, aggressioni fisiche da parte dei genitori, insulti e bestemmie, sono allarmanti e fuori controllo.
Per questo motivo, è importante che la scuola e le famiglie collaborino in un patto educativo virtuoso, come sottolineato più volte da Valditara, per la crescita dei giovani. Spesso, i genitori delegano alla scuola il compito educativo, ma poi la accusano per gli insuccessi scolastici e i comportamenti scorretti dei figli.
Gli insegnanti, dal canto loro, si trovano a svolgere il loro lavoro in un clima di tensione a causa dell’aggressività degli studenti e delle famiglie, oltre a dover affrontare carichi di lavoro sempre più pesanti e nuove responsabilità che spesso esulano dall’insegnamento. Inoltre, sono oggetto di una campagna diffusa di denigrazione da parte dei media e della politica.
Gli episodi di reazione da parte degli insegnanti sono condannabili, ma va considerato il contesto sociale preoccupante in cui si verificano. La figura del docente sta perdendo autorevolezza nei confronti degli studenti e il rispetto sociale. La scuola è il luogo deputato alla trasmissione dei saperi e alla formazione delle nuove generazioni e deve essere rispettata e protetta. Non può essere un fronte di guerra: gli insegnanti e il personale ATA non dovrebbero entrare a scuola preoccupati per la loro incolumità.
Gli insegnanti come pubblici ufficiali
Il professore, durante l’esercizio delle sue funzioni a scuola, è un pubblico ufficiale a tutti gli effetti. L’ingiuria, anche se depenalizzata, è ancora considerato reato se rivolto a un pubblico ufficiale e costituisce oltraggio a pubblico ufficiale. Questo delitto può essere commesso dallo studente che insulta apertamente il docente o lo denigra in presenza di altre persone.
Cosa è previsto dal Codice Penale
L’art. 357 del Codice Penale dispone che “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“.
Agli stessi effetti, come disposto dal secondo comma dell’art. 357 novellato dalla l. n. 86/90 e successivamente modificato dalla l. n. 181/92, “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.
Dalla lettura della norma, pertanto, si evince che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81); “di collaborazione anche saltuaria” (Cass. Pen. n. 166013/84).
L’articolo 358 del codice penale, a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
Secondo la dottrina prevalente per incaricato di pubblico servizio dovrebbe intendersi un soggetto che pur svolgendo un’attività pertinente allo Stato o ad un altro Ente pubblico non è dotato dei poteri tipici del pubblico ufficiale e, d’altra parte, non svolge funzioni meramente materiali.
La qualità di pubblico ufficiale è stata riconosciuta nel tempo a diversi soggetti. Anche gli insegnanti delle scuole pubbliche lo sono, così come ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15367/2014, che ha ribadito la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola media nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma esteso “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore.
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