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Femminicidi, Elena Casanova uccisa con 16 martellate: l

Come chiesto dal pubblico ministero la corte d’Assise di Brescia al termine del processo di primo grado ha condannato all’ergastolo Ezio Galesi, l’uomo che nell’ottobre del 2021 a Castegnato, Nel Bresciano, uccise con 16 martellate la ex compagna Elena Casanova, di 49 anni che aspettò fuori casa dopo averla incontrata in un negozio nel pomeriggio.”Quando l’ho vista ridere mi è scattato qualcosa e ho deciso di ucciderla” ha ammesso nel corso del processo Ezio Galesi. L’uomo non era in aula alla lettura della sentenza. Presenti invece la figlia e l’anziana madre della vittima.

L’OSSERVATORIO FEMMINICIDI

I due si erano lasciati da oltre un anno ma lui – questa la versione che ha sempre raccontato – non aveva mai accettato la fine della relazione. Galesi attese la donna davanti alla sua abitazione, quando fermò la sua auto lui sfondò il vetro con una prima martellata e poi continuò a colpire fino ad ucciderla. A lanciare l’allarme erano stati i vicini di casa che avevano sentito le urla ed erano poi stati avvisati dallo stesso assassino, che aveva atteso in strada l’arrivo dei carabinieri e aveva consegnato il martello. 

Nel corso del processo Ezio Galesi, che gli psichiatri hanno ritenuto capace di intendere e volere, ha ammesso che “quando l’ho vista ridere all’Obi, non ho capito più nulla. Ho deciso di ucciderla, sono andato a prendere il martello e sono passato da lei”. “L’ho fatto perché mi ha stressato la vita – ha detto Galesi nel corso del suo interrogatorio nella scorsa udienza davanti alla Corte d’Assise di Brescia – mi faceva telefonare la notte e mi faceva seguire da sconosciuti”. Tutti aspetti che non risultano agli inquirenti.  “Certamente, mi sono rovinato la vita – aveva affermato Galesi – la mia e quella dei miei figli.

Avrei dovuto fare altro. Dovevo prendere un mitra e fare fuori gli altri tre o quattro che mi pedinavano e mi minacciavano”. La vittima ha vissuto nel terrrore gli ultimi mesi della sua vita. “Ho paura. E se mi incendia la casa?” scrisse al suo nuovo compagno, sei mesi prima di essere uccisa, in un messaggio Whatsapp finito agli atti dell’inchiesta. Elena Casanova confidò anche all’ex marito e padre di sua figlia il timore anche solo di denunciarlo. “Non voleva andare dai carabinieri – ha spiegato l’ex marito sentito in aula dal presidente della Corte d’assise Roberto Spanò durante il processo – aveva paura che si incattivisse”. Elena confidò le sue paure anche all’amica Francesca. Lo fece pochi giorni prima del delitto, durante una vacanza in Toscana. “Era terrorizzata – ha riferito la testimone – mi disse che prima o poi Galesi l’avrebbe uccisa”.

Il timore si è trasformato in una drammatica realtà. “Ha scagliato la sua ira contro la ex perché non accettava di essere stato lasciato”, ha detto il pm Carlo Pappalardo nel corso della sua requisitoria. “Da tempo aveva un risentimento nei confronti di quella che poi è diventata la sua vittima” ha aggiunto il magistrato che ha però chiesto l’esclusione dell’ aggravante della premeditazione. Per le parti civili ci sarebbe invece stata. “Il suo è stato un gesto costruito per anni”, ha spiegato l’avvocato Maria Pia Cimini che rappresenta la mamma e la figlia di Elena Casanova. “Quanto commesso dal mio assistito è pacifico e non ci sono dubbi sulle sue responsabilità” ha ammesso l’avvocato Oscar Bresciani, difensore di Galesi.

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