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Gaetano Pesce: il grande maestro arriva a Los Angeles con la personale Dear Future

Il suo mondo di arredi antropomorfi, gelatinosi, colorati e fluidi arriva a Hollywood con Dear Future. La prima mostra personale a Los Angeles di Gaetano Pesce, designer architetto italiano nato nel 1939 e trasferitosi a New York nei primi anni 80​​. Dear Future è parte di una serie di eventi organizzati per il 20° anniversario della galleria Future Perfect, allestita al piano terra della Goldwyn House, immersa nelle colline di Hollywood. Fino al 31 marzo, Dear Future mette in scena oltre cinque decenni di progetti visionari di Pesce (quelli che vanno dal 1969 al 2022), opere nuove accanto a pezzi storici, raramente esposti, oltre a riedizioni contemporanee e varianti di alcuni dei suoi progetti più iconici. **AD Italia **incontra il grande maestro proprio a Los Angeles.

Veduta della mostra personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

 Dear Future, Caro Futuro. È questo il titolo della sua personale. Qual è il suo auspicio?

«Spero che il futuro riesca a convincere la gente che non siamo dei numeri, siamo individui con una diversità molto auspicata in ognuno di noi. Quando siamo insieme riusciamo a costruire una specie di città della diversità. Abbiamo rischiato negli ultimi 80 anni di essere talmente repressi da non aver nessuna qualità che ci diversifica dagli altri. Spero che il futuro ci dia la possibilità di farlo ancora di più. Allontanare chi tende a dire al mondo che è ormai omogeneo, spero che questo non avvenga mai»

Leaf Shelf – Yellow alla mostra personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Dear Future è la sua prima mostra personale a Los Angeles. Che pezzi ha scelto di portare all’interno della Goldwyn House e che tipo di relazione-dialogo ha cercato di creare tra questa storica villa di Hollywood?

«Per questa mostra mi sono affidato ad Alisa, la mia studio manager, che ha lavorato a fianco di David Alhadeff fondatore di Future Perfect. Io l’ho visitata questa settimana come qualsiasi altro spettatore, mi ha fatto piacere ritrovare oggetti che non mi ricordavo di aver fatto, mi hanno ricordato alcuni momenti belli della mia creatività. Direi che la mostra ha espresso soprattutto una fresca voglia di innovazione, una voglia di scoprire, e ho notato che il pubblico ha recepito. Siamo stati contenti di scoprire niente di decorativo, niente di banale, niente di triste. Arrivano i messaggi che la vita è bella, che è gioiosa, che è positiva, c’è nella mostra dell’aria di ottimismo».

Nobody’s Perfect Chair  alla personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Lei durante un’intervista disse come ama i materiali molli, umorali, che risentono della pressione atmosferica e dell’umidità, riflettono la natura liquida del nostro tempo, in questa mostra La poltrona Mamma (B&B Italia) è di sughero. Perché ha scelto questo materiale e cosa il sughero evoca in lei?

«Non evoca niente se non il fatto che B&B Italia per cui l’ho progettata, voleva produrre questa poltrona per gli esterni. Si è pensato di fare una mescola di sughero e resina che resiste alle intemperie, poi per ragioni che non ho ben capito, non ha avuto seguito. La poltrona in mostra è gemella di un’altra che si trova a Milano e non ci sono altre. Giustamente come dice lei, amo molto sono materiali che rappresentano un pò la liquidità del nostro tempo, e quindi le resine, le schiume, gli elastomeri. Sono tutti materiali che all’origine sono liquidi, poi quando solidificano possono rimanere soffici. Altri possono essere rigidi, è una famiglia molto bella che rappresenta il nostro tempo. In più possono portare colore, che è un elemento che ci aiuta ad essere positivi, ad essere allegri, ci aiuta ad affrontare la difficoltà della vita e quindi questi materiali, io gli considero degli amici. Amici che parlano del mio tempo, e come ho detto che è un tempo  appunto liquido. Liquido vuol dire che assume diversi modi di essere a seconda dei momenti. È una straordinaria ricchezza, nel passato questo non esisteva».

UP 5&6 in Cork alla personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Ci racconti della serie Nobody’s Perfect. Da quale riflessione è partito per creare questa serie e come questa serie si sta evolvendo nel tempo?

«Il loro aspetto è frutto dell’errore, riflette la nostra natura, siamo degli umani, con delle debolezze. Sbagliare credo sia anche un segno di essere umani, la macchina non sbaglia mai per dire. Non siamo delle macchine, facciamo errori ma ripetergli sarebbe stupido… un po’ come sto facendo adesso che ripeto! La sedia si è evoluta nel tempo, abbiamo creato alcune riedizioni che ricordano delle personalità. C’è una sedia scapigliata, c’è quell’altra che sorride, c’è quella che assomiglia a un grillo… è tutto un altro modo di vedere il design, il design ormai è un’arte che si voglia o no, è un’arte e come tale ha delle espressioni diverse che sono rappresentazioni, specchio della realtà. Allora ci sono individui che assomigliano a grilli, quell’altro che assomiglia a una patata, un altro che assomiglia a un serpente. Queste sedie parlano della diversità delle persone e per fortuna sono tutte molto diverse».

In primo piano le sedute Nobody’s Perfect Chair  alla personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Tanti designer come Matthieu Blazy, direttore creativo di Bottega Veneta, la vedono come un maestro di grande ispirazione. Come si relazione a questa generazione di designer emergenti e qual è il suo consiglio?

«Oggi non ci dovrebbero essere i seguaci. Io penso che il futuro è fatto, come ho già detto, di questi uccelli solitari, ognuno con un canto diverso. E  vorrei credere che il futuro è fatto così, fatto da persone creative. Non si emulano, ma fanno cose originali, cose che sono monumenti di loro stessi».

River Table alla personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Qual è l’oggetto, il libro, l’immagine a cui torna spesso e perché?

«Mi trovo spesso a pensare. Libri che mi hanno colpito sono quelli della Beat Generation come Kerouac, Bukowski etc. Penso siano ancora dei personaggi che hanno molto da dire. Un altro che mi ha colpito molto era anche Borges. La cosa che mi è successa — per fortuna — è che non sono sempre lo stesso».

La personale Dear Future di Gaetano Pesce alla galleria Future Perfect di Los Angeles. Photo © Rich Stapleton

Il suo progetto ideale.

«Realizzare finalmente, come sembra che succederà in Brasile, una torre che non è omogenea ma l’opposto. Non è una ripetizione di un piano dopo l’altro, ma che ogni piano è diverso. Questo sarebbe un nuovo modo di concepire l’Architettura, dove l’Architettura non è totalitaria come si vede in tutte le torri che riempiono il mondo, ma che è appunto protagonista di una cosa che io chiamo diversità. Se questo avvenisse, come io spero, credo volteremo la pagina della storia dell’Architettura. Ne apriamo una nuova dove l’Architettura diventa testimone della diversità nel mondo. La democrazia lo dico da molto tempo, non è la protezione dell’uguale, ma la protezione del diverso e l’Architettura potrebbe diventare testimone di questo».

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