Vi avevamo accennato all’uscita di Hats ma neanche noi eravamo davvero pronti a questa piccola meraviglia. In questo gioco il Cappellaio matto ci ha invitato a prendere un thé ma prima ancora che scegliessimo l’infuso ha portato lo scompiglio in tavola con i suoi cappelli. Mettiamo perciò da parte tazze e teiere e raccogliamo la sua sfida.

Hats, in una piccola scatola un grande carattere

Hats - componenti
Hats – componenti

Thundergryph Games ci ha abituati a giochi dalla qualità eccellente tanto dal punto di vista meccanico quanto da quello estetico (basti pensare a titoli come Tang Garden o Spirits of The forest) e non viene meno alle aspettative nemmeno in questo caso. Hats è un gioco astratto di collezione set e gestione della mano. Eppure riconoscere le fiabe sintetizzate nei “semi” delle carte, avere il tabellone/tovagliolo e il segnalino biscotto ti trascina, volente o nolente, nella sua atmosfera. Con componenti essenziali ma di ottima fattura Hats si presenta più che bene.

La più bella collezione di cappelli

La preparazione è molto veloce, si distribuisce ad ogni giocatore la mano di 9 carte che lo accompagnerà fino a fine partita, si posizionano 6 carte negli appositi spazi disegnati sul tabellone e siamo già pronti a partire.

In Hats lo scopo del gioco è totalizzare più punti possibili con la propria collezione di cappelli. I punti vengono calcolati moltiplicando il numero di cappelli di un determinato colore per il valore che gli viene attribuito sul tabellone di gioco, un ulteriore bonus viene dato per il giocatore con la maggior varietà di colori.

Per ottenere cappelli durante il nostro turno possiamo:

  • Scambiare una carta: Aggiungiamo in collezione un cappello dal tabellone e mettiamo al suo posto una carta cappello dalla nostra mano. Possiamo fare questo scambio se la carta che prendiamo è dello stesso colore o di valore più basso di quella che lasciamo.
  • Creare un cappello nero: Scartiamo una carta dalla mano e la aggiungiamo in collezione come cappello nero, a fine gioco ogni carta scartata in questo modo varrà 1 punto.

Al termine dell’ottava mano avremo in mano un’ultima carta, il nostro cappello preferito. Poi controlliamo che sul tabellone non ci siano carte dello stesso colore, nel caso siano presenti la carta nello spazio con il numero maggiore verrà voltata a faccia e non sarà quindi considerata.

Hats - Le carte
Hats – Le carte

Andiamo ora a vedere il conteggio dei punti. Ogni cappello della nostra collezione vale punti in base alla posizione della carta dello stesso “seme” sul tabellone (questo valore può essere anche 0 nel caso sul tabellone non siano presenti cappelli di quel colore). Il nostro cappello preferito varrà quanto la somma dei valori delle carte dello stesso colore in nostro possesso meno il valore di quella in mano. Il giocatore con la maggior varietà otterrà il segnalino biscotto che garantisce qualche punto in più.

Hats, un party game in tutti i sensi

Il gioco ha una durata estremamente contenuta, in 20 minuti la partita giunge al termine e dopo il calcolo del punteggio viene matematicamente la voglia di giocarne un’altra. Il fatto di interagire continuamente con il tabellone e, di conseguenza, con il valore che le carte avranno a fine partita crea una continua suspense. Cercare di capire cosa gli altri giocatori abbiano in mano diventa una dinamica tanto importante quanto difficile ma rende ancora più coinvolgente il gioco. Aggiungiamo anche che i turni in contemporanea fanno si che i tempi morti siano praticamente azzerati e nei pochi rimasti diventa bello osservare le fiabe rappresentate nei semi delle carte. Biancaneve, Cappuccetto rosso, Peter Pan, sono solo alcune delle storie che Paolo Voto è riuscito a racchiudere in immagini estremamente sintetiche eppure piene di riferimenti.
Il gioco è adatto a quasi ogni genere di pubblico ma l’essere astratto e matematico può non incontrare il gusto di tutti.
Riassumendo non possiamo che apprezzare davvero sotto ogni aspetto un prodotto semplice, efficace e realizzato con tutta la cura che troviamo in Hats. Grazie a DV – Ghenos di averlo portato qui e averci consentito di provarlo.