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Il 2023 sarà “l’Anno del Cibo” per combattere ogni forma di spreco

Come sarà questo 2023? Abbiamo provato a chiedercelo analizzando quelli che sono i trend alimentari previsti da Whole Food Market, e abbiamo visto come la ricerca di una maggiore sostenibilità e lotta agli sprechi sono due concetti chiave che guideranno imprese e consumatori. Su queste tematiche interviene anche la World Organization for International Relations (WOIR), l’organizzazione non governativa fondata nel 1978 allo scopo di preservare la pace e l’armonia nel mondo, proclamando il 2023 come il WOIR International Year of Food per sensibilizzare governi e opinione pubblica e invitare all’azione. Come evidenziato dall’organizzazione, ogni anno si spreca il 36% del cibo prodotto a livello globale per il consumo umano, e questo ha ovviamente un impatto sulla sicurezza alimentare mondiale e sull’ambiente. 

Sarà dunque l’Anno del Cibo, e la WOIR sottolinea l’importanza – e l’urgenza – di ripensare al modo in cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato. Approfondiamo l’argomento.

Sprechi, sprechi e ancora sprechi… quanto cibo buttiamo?

In un recente approfondimento dedicato proprio al cibo come atto politico, abbiamo visto come oggi si contano ben 828 milioni di uomini, donne e bambini che soffrono di denutrizione in ben 55 Paesi. I dati emergono dal rapporto annuale The State of Food Security and Nutrition in the World 2022 pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma alimentare mondiale dell’ONU (WFP) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Numeri impressionanti che fanno riflettere, a maggior ragione se si pensa che ogni anno tonnellate di cibo (circa il 36% del totale) vengono buttate. E la WOIR lancia l’allarme: nei Paesi più industrializzati – tra cui l’Italia – il 78% degli alimenti vengono gettati via dai consumatori e il 22% sono scarti del processo di produzione e di trasporto. Non solo: secondo l’antenna italiana della WOIR (Vatican.WoirNet.org), basandosi sui dati elaborati dal Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea, per quanto riguarda lo spreco in Europa è proprio l’Italia a detenere il primato negativo, con 272 milioni di tonnellate di cibo buttato negli ultimi 20 anni. Seguono poi la Spagna, con 235 milioni di tonnellate di cibo, e la Germania con 230 milioni. Nel nostro Paese vengono soprattutto sprecati frutta e verdura, mentre per quanto riguarda i cereali siamo secondi alla Germania che ne butta circa il doppio. 

Le conseguenze dello spreco alimentare

Sono 2,3 miliardi le persone che vanno a letto quasi sempre a stomaco vuoto – stiamo parlando di insicurezza alimentare moderata o grave –, e tra queste circa 150 milioni soffrono di insicurezza alimentare acuta. Come ha sottolineato anche Carlo Petrini, Fondatore di Slow Food, durante l’evento che si è svolto al CIRFOOD DISTRICT lo scorso dicembre, ci sarebbe cibo per tutti, considerando che l’intero sistema agroalimentare produce nutrimento per 12 miliardi di persone. Eppure, la fame acuta a livello globale non fa che peggiorare: secondo la WOIR, gli hunger hotspot più a rischio sono quelli che coinvolgono il triangolo Burkina Faso, Nigeria e Sudan, ma anche molti altri Paesi risultano ad “alto rischio” – nella scala dell’insicurezza alimentare – se non si interviene tempestivamente per scongiurare carestia e fame acuta. 

cause fame nel mondo

Piyaset/shutterstock.com

Secondo Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte, Presidente e Segretario Generale della WOIR, combattere gli sprechi si tratta in primis di una questione etica, ma non solo: “lo sperpero di cibo porta a un irreparabile danno ambientale che innesca un effetto domino capace di produrre carestie ed eventi climatici estremi”. 

Il cibo non consumato e gettato è responsabile infatti di 5 miliardi di tonnellate di gas serra emessi in atmosfera e di un consumo di acqua pari a circa 200 miliardi di metri cubi, a livello globale. Lo spreco è quindi anche delle risorse, sia per la produzione – energia, acqua e suolo – sia quelle utilizzate per lo smaltimento dei rifiuti, con emissioni che contribuiscono in maniera cruciale al cambiamento climatico. Ma non solo, perché è causa anche di un ingente danno economico. Viola Lala, press officer della WOIR, ha così commentato: “Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è essenziale perché ogni anno si sprecano 1,5 miliardi di tonnellate di generi alimentari con un costo di circa 900 miliardi di dollari per l’economia globale”.

Cambiare modello di produzione e di consumo per la sopravvivenza dell’intero pianeta: questa la necessità improrogabile secondo la World Organization for International Relations. 

Helena Nechaeva/shutterstock.com

Per questo, il 2023 è stato dichiarato come “Anno del Cibo” (WOIR International Year of Food): l’obiettivo è quello di attirare sempre di più l’attenzione di governi, istituzioni e opinione pubblica sulla tematica e trovare soluzioni concrete per contrastare questo allarmante trend di sprechi e peggioramento della fame a livello globale. Come? Unendosi agli sforzi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e del Programma Alimentare Mondiale (WFP) per mettere fine alla fame entro il 2030 – come previsto dall’Agenda 2030 – per:

  • raggiungere la sicurezza alimentare in tutto il mondo;
  • migliorare la qualità della nutrizione generale;
  • promuovere l’agricoltura sostenibile.

Secondo la WOIR, in questo modo sarà possibile diminuire la deforestazione e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, fermando così l’innalzamento della temperatura sotto i 2 °C, considerato come “il punto limite” e di non ritorno, oltre il quale si avranno effetti catastrofici sull’ambiente.
Inoltre, come sottolinea anche la JRC, a sette anni per raggiungere questo Obiettivo di Sostenibilità dell’Agenda 2030, è necessario accelerare le azioni sostenibili per evitare ulteriori sprechi. Tra queste, quelle che vengono definite le “3 erre”: ridurre, riusare e riciclare, ossia tre punti cardine su cui lavorare e insistere per il prossimo futuro.

Fonti:

commission.europa.eu
woirnet.org


Immagine in evidenza di: j.chizhe/shutterstock.com

È nata vicino a Bologna, ma dopo l’università si è trasferita a Torino per due anni, dove ha frequentato la Scuola Holden. Adesso è tornata a casa e lavora come ghost e web writer. Non ha molta pazienza in cucina, a parte per i dolci, che adora preparare insieme alla madre: ciambelle, plumcake e torte della nonna non hanno segreti per lei. Sta imparando a tirare la sfoglia come una vera azdora (o almeno, ci prova).

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