Musica e Arte, il binomio perfetto. Da sempre, la musica è stata una delle protagoniste fondamentali della storia dell’arte. Non solo arte che racconta la musica, ma anche arte che analizza la musica. Da musa ispiratrice a vere e proprie evocazioni di ritmi e tonalità su tela. Per il primo appuntamento della Rubrica Arte del 2023, non potevamo non iniziare parlando di musica. Sì, perché oggi è il 7 Febbraio e questo vuole dire solo una cosa: Sanremo!
Musica raccontata dall’arte
Fin dai tempi antichi la musica è stata uno dei temi forse tra i più rappresentati in arte. Tantissime le opere che testimoniano proprio l’evoluzione della musica e degli strumenti musicali. Bellissimi esempi sono le statuette del II e III millennio a.C. appartenute alle civiltà mediterranee. Uno degli esempi più caratteristici è il “Suonatore di lira” proveniente dalle Isole Cicladi e oggi conservato al Museo Nazionale di Atene. Un tema molto ben sviluppato anche in epoca etrusca e romana. Bellissimi sono gli Affreschi della Necropoli di Tarquinia. Datati al VII secolo a.C., raccontano la musica dal punto di vista ludico.
Facendo un salto temporale, altrettanto interessanti sono le raffigurazioni del periodo medievale. In particolare i Codici Miniati che si sono rivelati un ottimo mezzo per documentare e trasmettere il sapere musicale. Fino ad ora abbiamo visto come la musica sia stata rappresentata in maniera quasi “pedagogica”, anche quando ad impugnare gli strumenti musicali, rappresentati in modo più o meno fedele, sono figure mitologiche o santi. Magnifico è “il Concerto” di Caravaggio. Realizzato nel 1597, oggi conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, rappresenta il clima di corte dell’epoca e l’espressione dei personaggi mentre suonano ci indicano il mood verso il quale si inizia ad andare.
Arte e Musica: la rivoluzione artistica del ‘900
La musica però, viene presa in considerazione anche da un punto di vista più intimistico e concettuale. Ecco che compaiono ritratti di suonatori che riescono a dare all’immagine un significato visivamente emozionale. “Il Suonatore di cornamusa” di Thomas Couture, datato al 1877, è assorto nella sua musica e non si cura del mondo che lo circonda. L’ambientazione neutra lo allontana da ogni possibile riferimento spaziale e temporale: esistono solo lui e la musica in quel momento è tutto quello che conta. La vera novità però si ha nel ‘900. Da questo periodo in poi, la musica aiuta alcuni artisti a reinventare l’arte.
Ecco che le rappresentazioni diventano più astratte e il tema della musica diventa più concettuale. In questo piccolo ex-cursus non si può non nominare Kandinskij.
“La musica non ha mai bisogno di prendere a prestito le forme esteriori da usare nel suo linguaggio. La pittura è invece oggi legata alle forme tratte dalla natura.”
Come la musica non deve necessariamente avere parole per essere bella, ma può essere composta solamente da suoni e ritmi, anche la pittura può essere composta esclusivamente da colori, linee e forme. L’artista russo inventa una vera e propria teoria che mescola l’arte e la musica. Attraverso i colori cerca di produrre un effetto sulla psiche dell’osservatore che si ritrova così immerso in un percorso multi-sensoriale. Ad ogni colore corrisponde un suono specifico.
“Vedo degli azzurri, dei gialli e dei rossi meravigliosi e vedo un nero più o meno opaco quali colori preponderanti nella tela. E dovrei sentire dei flauti (l’azzurro), delle trombe (i gialli) e delle tube (i rossi) quindi; poi la pace. Una lunga pace data da misto di nero e grigio. La quiete che calma le trombe e affievolisce i flauti.”
Lo stesso possiamo dire per Klee e Mondrian, solo per citarne alcuni, che hanno utilizzato la musica per realizzare dei veri e propri capolavori. Artisti che hanno provato a evocare ritmi e tonalità sulla tela costruendo un dialogo compiuto tra l’arte e la musica. Klee, ad esempio, nella sua carriera di artista sviluppa diverse teorie riguardanti arte e musica. Una tra queste riguardava l’utilizzo del grafema sul supporto artistico, quale elemento segnico. Esattamente come nel pentagramma ogni grafema ha la sua validità e la sua ragione d’essere, così nella tela vista come pentagramma, ogni segno, ogni grafema trova la sua collocazione.
Ilaria Festa
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