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Nursing Up tuona: «Aumenti nuovo contratto infermieri bruciati dall'inflazione».

«I dati parlano chiaro: a causa del gravoso mutamento del costo della vita ancora in corso, l’aumento in busta paga fatto registrare, per gli infermieri italiani e gli altri professionisti dalla salute, da parte del recente contratto sottoscritto con l’Aran, è palesemente insufficiente».

Non può che essere questa la nostra spietata e inconfutabile analisi, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, legata a quei piccoli e importanti passi in avanti portati a compimento dopo mesi di trattative e che ora, però, inevitabilmente, rischiano di essere depauperati da una inflazione che, dopo la brusca accelerazione di ottobre, a novembre 2022, su base annua, si mantiene stabile su livelli che non si vedevano da marzo 1984 (quando fu del +11,9%).

Mentre i prezzi di alcune componenti rallentano

altri continuano ad accelerare in modo inesorabile, facendo lievitare, se pur di poco, i prezzi del “carrello della spesa”.

Se l’indice generale dei prezzi

al consumo è aumentato dell’11,8% su base annua, l’andamento è molto differente a seconda della categoria di beni considerata. I contributi maggiori all’aumento dell’indice dei prezzi riguardano abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+6,211 punti percentuali), prodotti alimentari e bevande analcoliche (+2,495), e trasporti (+0,984).

Alla luce di questi dati

decisamente poco confortanti, non possiamo che continuare nella nostra battaglia, continua De Palma, ripartendo esattamente da dove ci eravamo fermati, ovvero dalla considerazione che, nonostante i piccoli e confortanti passi in avanti del nuovo contratto, la valorizzazione economica degli infermieri e degli altri professionisti della sanità è ancora ben lontana dall’essere stata raggiunta, nell’ottica proprio di una inflazione che stringe come un nodo alla gola, ogni giorno, le famiglie degli operatori sanitari.

Vogliamo forse negare che

con i nostri miseri 1400 euro al mese netti, quando non ci sono straordinari, premi e indennizzi vari, che ci collocano inesorabilmente agli ultimi posti nella graduatoria delle retribuzioni dei sanitari in Europa, secondo i recenti dati Ocse, non stiamo vivendo una situazione di estrema precarietà?

Dall’altra parte

non possiamo comunque rinnegare il valore dell’essere riusciti a portare a compimento battaglie come la legge sull’indennità di specificità infermieristica che, finalmente, arriva nelle tasche dei colleghi grazie al contratto che abbiamo firmato, e che consideriamo come una piccola grande nostra vittoria.

Sì perché oltre il 19% delle risorse

complessive di questo contratto, parliamo di 335 milioni di euro, sono racchiuse proprio in questa indennità di specificità infermieristica, della quale andiamo fieri, tra le tante, perchè l’abbiamo ottenuta dopo quelle manifestazioni dove abbiamo fortemente lottato, anche quando altri sindacati rappresentativi hanno pensato bene di rimandare al mittente i nostri pubblici inviti a lottare uniti, e che ora bisogna che venga estesa a categorie come quella delle ostetriche, ingiustamente escluse.

Tuttavia

è altrettanto vero che questo aumento, di fatto, copre circa la metà dell’inflazione. Va da sé che i dipendenti del pubblico impiego, e fra tutti gli infermieri, hanno visto diminuire il valore reale delle loro buste paga con un potere di acquisto sceso di oltre il 7%.

Inoltre

dice ancora De Palma, non ci confortano di certo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Amministrazione, Zangrillo, sull’impossibilità di spostare risorse per i rinnovi contrattuali relativi al triennio 2022-2024.

Tutto questo non fa ben sperare

gli infermieri, né le altre figure del comparto sanità.

Le retribuzioni contrattuali

medie annue dei dipendenti pubblici – tra il 2013 e settembre 2022 – sono cresciute del 6,7% a fronte di un aumento dei prezzi nello stesso periodo del 13,8%; mentre, nel privato (dirigenza esclusa) si è registrata una crescita dei salari dell’11,6%.

Sono alcuni dei dati

che emergono dal Rapporto sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego pubblicato dall’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran), che offre un’analisi inconfutabile dei contenuti economici dei nuovi contratti, indicando gli incrementi retributivi riconosciuti per ciascun comparto.

Il rapporto Aran registra

incrementi superiori al 4% per tutti i comparti (con minime variazioni tra di essi), a fronte di una crescita dei prezzi dell’IPCA-NEI, nel triennio 2019-2021, del 2% e di un IPCA complessivo del 2,4%.

Per quanto riguarda il comparto sanità

ad esempio, grazie all’indennità di specificità infermieristica, c’è stato un ulteriore 2,9% di incrementi.

Il problema però

è che il valore reale delle buste paga degli infermieri è sceso inesorabilmente a causa dell’inflazione: guardando solo al 2022, si registra una perdita di potere d’acquisto consistente per tutti i comparti a causa dell’inflazione annua acquisita a settembre al 7,1% (con la media annua che a fine anno è salita all’8,1%).

A questo punto

conclude De Palma, non possiamo smettere di chiederci quale futuro attende gli infermieri e le altre professioni non mediche, ribadendo fortemente la nostra posizione, che da una parte ci vede pronti e disponibili al dialogo con il nuovo Governo, ma dall’altra non ci farà arretrare di un millimetro, finché non avremo ottenuto quell’aumento in busta paga che rimane il nostro obiettivo primario, alla luce di una inflazione che, lo ripetiamo, ha dimezzato letteralmente il valore dei traguardi ottenuti».

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