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Perché (anche) Nordio sbaglia sul caso Delmastro-Donzelli

Carceri

L’intervento di Marco Mayer, ex consigliere cyber del ministero dell’Interno con Marco Minniti e attuale docente al corso di perfezionamento Intelligence e Sicurezza Nazionale della Lumsa

Per chi conosce le carceri, definire – come ha affermato ieri sera il ministro della Giustizia, Carlo Nordio – “mera vigilanza amministrativa” l’attività di monitoraggio dei reparti GOP della polizia penitenziaria fa sorridere, ma è un sorriso amaro.

Raccogliere informazioni sui boss detenuti al 41-bis è, infatti, un lavoro delicatissimo e pericoloso che produce preziosi materiali informativi dai cui prendono spunto numerose indagini della Procura nazionale antimafia (e in alcune occasioni alimentano le stesse agenzie del Sistema di informazioni della Repubblica). Come si fa a definire “mera” vigilanza amministrativa” la raccolta di informazioni su scambi, comportamenti, comunicazioni tra i boss mafiosi più potenti e irriducibili, che dal carcere cercano di dirigere le organizzazioni criminali di cui sono a capo, e quando è possibile anche intrecciare legami tra criminalità organizzata e terrorismo?

Gli atti in oggetto, in quanto destinati al Dap e quindi ad uso amministrativo, non sono coperti dal segreto investigativo, ma contengono informazioni riservate e non divulgabili, anche perché oggetto di probabili indagini da parte della procura competente. Per questo si può parlare con riferimento alla loro rivelazione sul caso Cospito di una condotta politicamente irresponsabile, tanto più che la procura competente, se informata dal Dap (come avrebbe dovuto essere e forse è stato), avrebbe potuto secretare quegli atti, se effettivamente contenenti notizie di reato. Altrimenti troveresti le carte sul sito del Ministero…

Monitorare i mafiosi ai sensi del 41-bis ha notoriamente tre finalità riservate:

  1. raccolta di informazioni per la polizia di prevenzione ed in casi specifici per i servizi di sicurezza;
  2. segnalare alle Procura comportamenti che possono prefigurare notizie di reato;
  3. cogliere il clima che si respira tra i boss per analisi di carattere strategico su terrorismo e mafia.

Definire “mera vigilanza amministrativa” le attività di monitoraggio dei reparti GOP della polizia penitenziaria fa a pugni con la realtà quotidiana e ingrata che a loro è affidata nelle carceri.

Altrimenti c’è il rischio di un uso politico strumentale dell’etichetta “vigilanza amministrativa”. Alla politica non spettano le classificazioni giuridiche. All’opinione pubblica è giusto ricordare che il ruolo di ministro è un ruolo politico e che esso non vale come definizione e/o interpretazione giurisprudenziale.

Ciò detto, il problema è che i gigli (e i cerchi) magici non portano bene a chi siede a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni dovrebbe riflettere su quanto ha fatto male a Matteo Renzi la cattiva reputazione del suo celebre giglio (e cerchio) magico. Al principe servono collaboratori competenti e leali. Suggerisco a Giorgia Meloni di rileggersi le sagge parole di Niccolò Machiavelli.

Scrive Machiavelli nel XXII capitolo de Il Principe: «Non è di poca importanzia a uno principe la elezione de’ ministri: li quali sono buoni o no, secondo la prudenzia del principe. E la prima coniettura che si fa del cervello d’uno signore, è vedere li uomini che lui ha d’intorno; e quando sono sufficienti e fedeli, sempre si può reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideli. Ma, quando sieno altrimenti, sempre si può fare non buono iudizio di lui; perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione».

Non ci sono motivi per dubitare della fedeltà di Giovanni Donzelli a Giorgia Meloni; ma è più che lecito dubitare della sua «sufficienza», anche perché le persone intelligenti quando sbagliano lo ammettono e si scusano per l’errore compiuto.

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