Il 25 marzo 1811 il poeta Percy Shelley è espulso da Oxford. La ragione risale alla pubblicazione di un opuscolo in collaborazione con l’amico Thomas Jefferson Hogg: La necessità dell’ateismo (The Necessity of Atheism).

Percy Shelley, l’espulsione da Oxford e una vita al limite del tragico

Percy Bysshe Shelley - Photo Credits: poetryfoundation.org
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Percy Shelley è considerato uno dei più grandi poeti romantici della letteratura inglese. La sua è stata un’esistenza dissoluta, tragica ed eroica al contempo; l’espulsione da Oxford è solo uno dei tanti episodi tragici che contrassegnano la vita di Shelley, profondamente anticonformista e dedito alla libertà. Poeta molto apprezzato da Karl Marx, diventa famoso anche per la sua amicizia con altri due letterati a lui contemporanei: John Keats e Lord Byron. Le tragedie personali, l’idealismo assoluto e la morte in giovane età hanno fatto sorgere attorno alla figura di Shelley un’aura che lo incorona come una sorta di eroe romantico.

Il poeta, infatti, dopo un’esistenza errabonda e al limite dell’avventura muore a soli trent’anni, annegando nel mare di fronte a Viareggio, in Italia. Sarà lo stesso mare a restituire il suo corpo; la salma di Shelley giunge sulla spiaggia di Viareggio il 18 luglio 1822, dieci giorni dopo il naufragio della sua imbarcazione. Il mitico nome di Percy Shelley è anche legato a quello di Mary Wollstonecraft Shelley, figlia di Mary Wollstonecraft William Godwin, e autrice del romanzo Frankenstein.

Espulsione e temi trattati in The Necessity of Atheism

Percy Shelley pubblica La necessità dell’ateismo (The Necessity of Atheism): l’opuscolo, redatto in collaborazione all’amico Thomas Jefferson Hogg, provoca la sua espulsione da Oxford. Il poeta aveva inviato per posta il saggio a tutti i vescovi e ai capi dei college di Oxford e, in seguito a quest’atto, è chiamato a rispondere dell’azione davanti al decano George Rowley, oltre che di fronte a tutte le autorità. Shelley, però, rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda posta riguardante la paternità del pamphlet filosofico; l’atteggiamento di chiusura del poeta gli varrà l’espulsione da Oxford, il 25 marzo 1811.

In seguito all’espulsione, il padre di Shelley minaccia il poeta di voler recidere ogni contatto con il figlio, a meno che quest’ultimo accettasse di far ritorno a casa e a proseguire gli studi con tutori e precettori direttamente nominati dal padre. L’ennesimo rifiuto del poeta porta la relazione con il padre a un punto di rottura definitivo.

In The Necessity of Atheism, Shelley asserisce che le opinioni e la fede sono dei processi involontari e che quindi chi è ateo non sceglie di esserlo; ragion per cui non dovrebbe essere perseguitato. Tuttavia, lo stesso Shelley nell’opuscolo giunge a conclusione più vicine all’agnosticismo che all’ateismo. Difatti, non si nega l’esistenza di Dio nella totalità, ma si afferma che non ci sono prove per la dimostrazione della sua presenza. Lo stesso poeta, alla fine del saggio, si firma definendosi: «per mancanza di prove, un ateo».

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