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Vino al calice al ristorante: facciamo un punto sul servizio

L’opinione sul tema di Alessio Bricoli dell’Imàgo all’Hotel Hassler a Roma e Andrea Loi del Seta al Mandarin Oriental di Milano.

Qual è lo stato dell’arte del vino al calice nei ristoranti fine dining?

Per scoprirlo abbiamo chiacchierato con due giovani sommelier, innamorati del loro lavoro e con un ruolo centrale in realtà prestigiose.

Il vino al calice secondo Alessio Bricoli (Imàgo all’Hotel Hassler, Roma)

Alessio Bricoli

Da Imàgo, escludendo il wine pairing – abbiamo una selezione di vini al calice che in questo momento è anche in fase di ampliamento. La soddisfazione dei nostri ospiti per noi è molto importante, quindi è imprescindibile accontentare anche coloro che non bevono una bottiglia per intero.

Oltre ai calici abbiamo anche una selezione di mezze bottiglie: succede più spesso di quanto si pensi che un calice sia poco e una bottiglia troppo. Tra i nostri vini al calice contiamo bollicine italiane e champagne (per inciso, a detta del proprietario della cantina, siamo uno dei pochissimi ristoranti in Europa che servono Salon al bicchiere), vini bianchi e rossi.  Con i mezzi tecnici che abbiamo oggi, il Coravin ad esempio, possiamo permetterci di fare proposte al calice anche molto importanti. La nostra offerta al calice rispecchia la filosofia della carta, dobbiamo dunque coprire un po’ tutte le fasce di spesa, quindi partiamo da un vino che in carta costa 50€ per arrivare a una bottiglia che ne costa 22mila. Certo, magari aprire quest’ultima diventa un po’ complicato, comunque abbiamo tutte le tipologie di prezzo anche al bicchiere.

Abbiamo lavorato molto anche sulla selezione del bicchiere che per noi è importante e deve essere adatto al vino servito. Ne abbiamo addirittura otto differenti.  La quantità che si ritiene giusta per un servizio al bicchiere è di cinque calici a bottiglia, e cinque/sei anche per bollicine e champagne.

È la misura standard adottata nei ristoranti.

I ragazzi che lavorano da noi sono tutti corsisti o diplomati AIS, quindi appassionati e formati sul vino. È una scelta del nostro restaurant manager, Marco Amato, anche lui sommelier.

Dal punto di vista economico posso dire che la scelta del ricarico è ponderata, quindi non ci sono grandi differenze di guadagno tra il vino servito al calice e le bottiglie, forse c’è quasi più guadagno a vendere una bottiglia. Nonostante il beverage sia una fonte importante di reddito di un ristorante, l’aspetto economico non deve essere l’unico parametro. La contentezza dell’ospite è la priorità per noi, quindi spesso, quando apriamo una bottiglia importante da servire al calice, facciamo una proposta accattivante per invogliare a fare un’esperienza con noi. A vendere la bottiglia intera guadagneremmo di più.

All’Imàgo abbiamo un’offerta molto variegata. Cerchiamo di dare la classicità (non dimentichiamo di essere all’interno dell’Hotel Hassler, con una clientela di alto livello ma anche abitudinaria), ma ci piace anche divulgare informazioni sul mondo del vino. Proponiamo spesso zone e produttori più piccoli e meno conosciuti per far divertire gli ospiti a tavola. Abbiamo la fortuna di avere uno chef innovatore come Andrea Antonini, i nostri abbinamenti vanno nella medesima direzione.

La nostra carta dei vini si amplia, soprattutto in questo momento siamo in grande espansione, per esempio ci stiamo aprendo verso altre zone del mondo. I signori Wirth, proprietari dell’Hotel Hassler, sono grandi appassionati di vino, investono tantissimo in questo mondo e, lo dico in anteprima, stiamo facendo una nuova cantina per il nostro ristorante.

Il vino al calice secondo Andrea Loi (Seta al Mandarin Oriental, Milano)

Andrea Loi

La proposta del vino al calice è fondamentale. Premetto che abbiamo una grande percentuale di ospiti che è interessata al wine pairing, questo però non significa che tutti possano o vogliano accostarsi all’esperienza completa di wine pairing. Bere sette bicchieri di vino è impegnativo! La proposta di vini al calice resta dunque fondamentale per vivere un’esperienza completa con la cultura del gusto della cucina di Antonio Guida. Il vino deve affiancare, mai superare, quella che è l’identità e la filosofia della cucina. La proposta dei vini al calice è studiata per accompagnare i piatti dello chef a seconda di quale sia il momento della degustazione: quindi la bollicina, il bianco e il rosso.

I bianchi e i rossi sono i vini che più si prestano a essere messi in accordo con la cucina, la nostra gamma va da un vino meno potente a uno più potente, da uno più semplice da comprendere a uno più elegante. C’è comunque una grandissima ricerca per ogni bicchiere di vino che viene servito. Se pensiamo a un vino più semplice da comprendere, magari un Pinot Grigio, che è l’entry level nel nostro ristorante, il nostro compito sarà proporre all’ospite un bicchiere che lo sorprenderà, magari un Pinot Grigio della cantina valdostana Anselmet, che fa un Pinot Grigio che non ha niente a che vedere con quello cui siamo abituati. È un vino che ha già una certa struttura, nonostante venga da un territorio freddo, è anche meno conosciuto, insomma è una scoperta. Anche il Gewurztraminer che proponiamo in questo momento è Seigneurs de Ribeaupierre della famiglia Trimbach, nella sua annata 2015, che ha anche un leggero residuo zuccherino. Mostriamo all’ospite che una varietà aromatica, cui ha avuto accesso molte volte, può anche essere di grandissima e inaspettata complessità. pronta all’invecchiamento e che apre una finestra sull’eccellenza.

Il vino al calice permette anche di proporre vini di questo genere, per cui una bottiglia sarebbe troppo, ma che completano in modo eccellente e puntuale un piatto.

Da noi non esiste nessun bicchiere di vino che non possa essere abbinato ai piatti dello chef. Le nostre proposte al calice accompagnano la degustazione, diventando un wine pairing magari meno esteso ma non meno interessante.

Anche nel caso in cui il cliente dovesse scegliere un solo bicchiere per un menù lungo, proporremo un vino con una struttura più sostenuta e presente, magari con un invecchiamento che vada dai sette ai dieci anni, che possa accompagnare tutta la degustazione. Magari con i primi piatti sarà preponderante, ma con il proseguire della degustazione accompagnerà con grande carattere le creazioni dello chef.

Soprattutto nelle coppie capita sovente che il signore prenda il wine pairing mentre la signora scelga un bicchiere, a volte due, per accompagnare tutta la degustazione.

Noi serviamo con la stessa dedizione anche gli ospiti che bevono solo acqua.

Per spendere nel vino occorrono tre cose contemporaneamente: bisogna avere la disponibilità economica, bisogna avere conoscenza e poi bisogna avere voglia.  Ogni ospite ricevere lo stesso amore e la stessa cura nel servizio.

Parlare poi di quantità “giusta” da servire per ogni bicchiere è molto complesso. Se stiamo facendo una degustazione, la quantità sarà di 10cl, mentre per un singolo bicchiere probabilmente 12.5cl potrebbe essere corretta, se stiamo bevendo del vino dolce probabilmente i cl è bene che siano 8, per uno champagne sicuramente 10, per un vino rosso 12 o 13.

Le quantità giuste sono il punto d’incontro del desiderio del cliente di provare piacere, con l’esigenza del ristorante di generare del profitto: questa è la regola da seguire.

Rispettare poi i desideri del cliente è fondamentale: io non parlo con un cliente ma faccio domande per capire ciò di cui l’ospite ha bisogno in quel momento, una degustazione completa, un calice o una bottiglia che sia. L’ospite deve stare bene e uscire dal ristorante col sorriso.

D’altra parte, per il nostro ristorante, servire calici o bottiglie è equivalente dal punto di vista della resa economica e altrettanto importante.

Può capitare di servire un calice che costa quanto un motorino: l’eccellenza è un’eterna scoperta. Tutto è possibile, anche aprire una bottiglia molto importante per servirla al calice, a maggior ragione se si conosce l’ospite. Noi siamo fortunati perché di ospiti col palato fino ne abbiamo tanti, quindi una bottiglia di grande pregio siamo certi che finirà presto. Il Coravin poi ci aiuta moltissimo, è uno strumento fondamentale per questo tipo di discorso, perché permette di allungare la durata di una bottiglia fino a una settimana. Se in una settimana io non ho finito la bottiglia di vino la responsabilità è mia  perché ho sbagliato a scegliere che cosa proporre.

Vorrei, per finire, sottolineare che in una selezione di vini al calice non bisogna sottovalutare la proposta del vino dolce. Il vino dolce è uno strumento fondamentale per il benessere economico del ristorante ed è anche uno strumento fondamentale per fidelizzare l’ospite che ha una coccola e ne resta una memoria molto forte. Il dolce è il gusto che noi conosciamo per primo e sblocca a livello emotivo dei ricordi che ci legano al passato, è davvero incredibile che venga dimenticato dai professionisti. Lo considero un errore economico, perché con il vino dolce si ottengono delle revenue importanti, e un errore di servizio perché di preclude all’ospite la possibilità di stare bene.

Ci pare che il valore del vino servito al calice, sia come fonte di reddito che di soddisfazione del cliente, non sia in discussione. Se trattato con la delicatezza e competenza che ci hanno descritto i professionisti che abbiamo interpellato non potrà che avere una diffusione ancora maggiore.

In apertura: Matt and Martin | Flickr

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