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Chi è Marco Lavatelli, l

“L’innovazione è sempre stata una nostra caratteristica: al momento attuale stiamo lavorando per l’ottimizzazione del nostro più recente prodotto, ossia misto cementato e asfalto ottenuti interamente da materiali di ricupero”. Marco Lavatelli, l’amministratore dell’Immobiliare Cave Sabbia di Trezzano, sequestrata due giorni fa nell’inchiesta della Guardia di Finanza e dei Carabinieri Forestali, si raccontava come un convinto innovatore nel settore del riciclo dei rifiuti, pronto a dare il suo contributo alle grandi trasformazioni urbanistiche della città. “La nostra zona di riferimento, ossia l’area milanese – spiegava l’imprenditore in un’intervista online del 2019 – è in una fase di grande fermento, che sta generando forti aspettative. In primo luogo, tutti speriamo nell’assegnazione a Milano delle Olimpiadi Invernali del 2026. Inoltre, sono in programma importanti progetti di riqualificazione di vaste aree urbane, come gli scali ferroviari, e la realizzazione di nuovi centri commerciali”.

“Bisogna mettere le macchine al lavoro giorno e notte”

Un’immagine molto diversa da quella che emerge dagli atti dell’inchiesta in cui Lavatelli è indagato per traffico di rifiuti, insieme a quattro manager della sua azienda e tre funzionari di Novara Scarl, il consorzio che sta lavorando alla costruzione della tangenziale di Novara, dove secondo l’accusa venivano interrati i rifiuti non classificati. Per gli investigatori, Lavatelli era pienamente consapevole sia del sovra stoccaggio dei rifiuti nel suo impianto, sia del fatto che i rifiuti venissero gestiti abusivamente. E “continua ad accettare rifiuti in ingresso in violazione di qualsivoglia autorizzazione, il tutto allestendo un sistema organizzato di uomini, mezzi e attività”. Per gli investigatori una “condotta spregiudicata”. “Bisogna mettere le macchine che lavorano giorno e notte”, esortava al telefono.

Parte dei rifiuti trasformati in “materie prime secondarie” sarebbero state inviate proprio a una ditta del cantiere della tangenziale. “Abbiamo un mese e mezzo per svuotare Trezzano – diceva a un collaboratore -. Non si può aspettare, bisogna far partire sta roba”. Chiedeva di fare “turni h24, sabato e domenica, bisogna che ci mettiamo sotto perché non abbiamo tempo di ragionare”. Una vera corsa contro il tempo. “Siamo a cento e passa mila di stoccato per cui avrò due mesi di lavoro giorno e notte per rientrare nei quantitativi”.

I testimoni: “Cumuli di rifiuti mai divisi”

Con l’intervento del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza e dei carabinieri forestali, coordinati dal capo della Direzione distrettuale antimafia Alessandra Dolci e dal pm Silvia Bonardi, i lavori dell’arteria autostradale sono ora bloccati, anche per verificare l’incolumità pubblica dell’opera. La produzione delle materiale, anche in questo caso, non veniva fatta secondo le regole, visto che era troppo terroso. Lo conferma al telefono proprio un dipendente di Lavatelli, parlando con lui: “La roba è discreta (…)  è un po’ più terrosa però poi li mischi e il materiale viene fuori bene”. Secondo uno dei testimoni sentito durante l’inchiesta, nell’impianto milanese “non vi è mai stata una differenziazione dei rifiuti in ingresso in quanto venivano scaricati in un unico cumulo a destra riconducibile alle macerie e a sinistra riconducibile a rifiuti terrosi”.  Un altro testimone: “Il cumulo di scarico dei rifiuti è unico e non è organizzato in modo da tener separate le diverse tipologie di rifiuti in ingresso”. Che le leggi ambientali non piacessero molto all’imprenditore, traspare anche dalle sue dichiarazioni di qualche anno fa. “Purtroppo vi sono diverse problematiche aperte – spiegava in un’intervista -. Pur in un quadro di tutela e rispetto dell’ambiente, alcune normative finiscono per frenare in una certa misura il dinamismo del settore”.

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