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Chiude il Noma di Copenaghen per «costi insostenibili», ma…

La notizia arriva dal New York Times e dai social, e per Copenaghen è sicuramente una perdita amara. Il ristorante pluristellato Noma di Copenaghen, infatti, chiuderà nel 2024.  Una decisione difficile quella dello chef René Redzepi, che dichiara la chiusura del locale a causa dei  costi on più sostenibili, così come i ritmi di lavoro. «L’idea dello stop è stata accarezzata negli ultimi due anni e si concretizzerà nel 2024, con la volontà di una totale riorganizzazione dei luoghi di lavoro e dello staff», riporta il sito di Noma. Tre stelle Michelin, cinque nomine come miglior ristorante del mondo nella The World’s 50 Best Restaurants: questi i risultati del  Noma di René Redzepi. Risultati ottenuti anche grazie al lavoro gratuito di stagisti, cuochi sognatori, che cercano di abbellire il loro curriculum.

La chiusura del Noma e lo scandalo dei dipendenti non pagati

“Lavoro” gratuito, proprio così. E a sostegno delle testimonianze degli ex collaboratori del ristorante, è lo stesso Redezpi. Raccontando la decisione della chiusura, lo chef ha raccontato del suo staff «che lavorava gratis pur di avere accesso ai segreti della cucina», ma lo stesso Redezpi ha definito questo condizione«eticamente non sostenibile». O almeno, non più ora. «Non esisterà più il Noma così come lo conosciamo oggi, ma ci sarà un nuovo luogo che potremmo chiamare Noma 3.0. Cercheremo di capire le modalità di ristrutturare e riprogrammare la squadra.», scrive lo chef.

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Già alla premiazione dei 50 Best Restaurants ad Anversa, lo chef aveva già raccontato la fatica di portare avanti un ristorante come il Noma e di quanto fosse «impraticabile retribuire in maniera giusta un centinaio di dipendenti a quei livelli». Stando alle testimonianze, invece, sembra che stipendi fossero inesistenti.

Una tappa sacra per iniziare la propria carriera

Ogni anno centinaia di aspiranti chef approdano al Noma, tappa sacra per chi vuole lavorare nel settore, per affrontare un’esperienza lavorativa. E quel che trovano è  uno stage non retribuito della durata di tre mesi. Ma questa non è di certo una novità nella ristorazione stellata. Prima della pandemia il Noma accettava circa 30 stagisti per ogni ciclo di tirocinio. Nel 2019, erano 34 gli chef retribuiti. Il resto dello staff, invece, lavorava gratis.

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Oltre all’assenza di retribuzione, si parla anche di condizioni di lavoro a dir poco frustranti. «Era così faticoso, mentalmente e anche fisicamente, lavoravano per circa cinque giorni e mezzo a settimana, dalle otto del mattino fino alle due. Ho visto sei stagisti strappare le piume d’anatra fuori sotto una pioggia gelida. Erano coperti di piume, tremavano e le loro mani erano bloccate come artigli. C’era spazio per farlo anche in una delle cucine di preparazione al piano di sopra. Quale datore di lavoro fa fare questo alle persone?». Questo quanto riportano le testimonianze degli ex dipendenti. E poi molti accusantesino anche l’ignaro sulle ore di lavoro. «Mi hanno dato un contratto che diceva che avrei lavorato 37 ore a settimana e ho firmato il contratto. Ma non appena ci arrivi succede che ti dicono “Benvenuto, finirai all’una del mattino stasera. E farai più di 70 ore a settimana».

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La risposta alla accuse

Un portavoce di Noma e Redezpi: «Sono tutti falsi pretesti. Il fatto che non ottengano l’esperienza che cercano è errato. Per 20 anni i nostri stagisti hanno acquisito preziose conoscenze e per molti è servito come grande trampolino di lancio nella loro carriera. Raggiungere un migliore equilibrio per il nostro team è una delle nostre più grandi sfide e qualcosa che lavoriamo continuamente per migliorare». A luglio del 2022, dopo il polverone alzata dagli ex dipendenti, il ristorante stellato aveva comunicato che avrebbe iniziato a pagare anche gli stagisti. A soli cinque mesi dalla notizia, arriva invece la decisione di chiudere le serrande per «costi non sostenibili».

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