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CINQUE AMICI, SVITATI … E VISIONARI – James Magazine

Come gruppo nascono ufficialmente il 6 marzo 2023. Sono tutti amici di vecchia data: Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa. Il loro percorso inizia a fine anni ’80 quando iniziano a riflettere sulla modalità per preservare al meglio i loro vini. Il punto è la tappatura. Come fare affinché i vini si mantengano negli anni integri senza che la qualità del sughero interferisca sulle loro caratteristiche?

Le deviazioni organolettiche provocate dai tappi di sughero nei vini sono svariate e non solo legate al famigerato “odore di tappo”. Inoltre, la scarsa omogeneità dei tappi non permette il passaggio di identiche dosi di ossigeno nella bottiglia determinando livelli di maturazione differenti. L’alternativa fu individuata nel tappo a vite. Anni di prove, di vini identici tappati in entrambi i modi, di affinamenti più o meno lunghi e di tante degustazioni comparate. Fino a oggi quando l’ipotesi si è fatta certezza e svolta nella produzione di tutti i vini, rossi compresi.

Gli Svitati

È stato un momento unico, per l’Italia sicuramente, quello che si è svolto a Villa Sorio, a Gambellara con la presentazione del gruppo Gli Svitati e della loro volontà di fare vini che mantengano nel tempo la loro qualità.

Unico grande e rimpianto l’assenza di Franz Haas che ci ha, prematuramente, lasciati lo scorso febbraio; a portarne avanti l’eredità la moglie e il figlio. Un toccante video ne ha tracciato il percorso alla ricerca di una tappatura ideale. Ricerca che ha portato Mario Pojer a ritenere, in una sorta di utopica soluzione al limite della provocazione, che il migliore metodo sia quello di imbottigliare il vino e poi fondere il vetro della bottiglia per farne una fiala.

Kevin Judd, lo storico enologo di Cloudy Bay e ora proprietario di Greywacke, è colui che, per primo, ha usato il tappo a vite per un vino di prestigio. Apre il convegno in collegamento dalla Nuova Zelanda ripercorrendo la sua scelta dopo aver constatato la coerenza organolettica nel tempo dei vini, le prime reazioni dei consumatori, i vantaggi di lavorare in un mercato già pronto ad accettare questa tappatura e la sua sorpresa constatando la durata nel tempo del Sauvignon Blanc.

La vera difficoltà è, in effetti, sdoganare l’utilizzo del tappo a vite per vini di prestigio. In Italia, l’apripista è stato Silvio Jermann. Sono del 2003 le prime bottiglie, chiuse a una a una, a mano, perché non esisteva una macchina dalle dimensioni e dal costo adatto alla sua cantina. Graziano Prà ricorda le sue delusioni quanto, in giro per il mondo a vendere i suoi vini, era costretto a constatare una qualità spesso inferiore a quella che si aspettava di trovare nella bottiglia. Ma al di là delle parole – e Walter Massa ricorda quelle di Lino Maga “Il vino è una cosa seria” – sono state le degustazioni comparate di cinque vini che hanno dato la dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, della validità del tappo a vite.

Occorre premettere che un buon tappo di sughero svolge perfettamente la sua funzione e consente un’evoluzione similare a quella ottenuta con il tappo a vite. Il problema è la difformità delle caratteristiche di ogni singolo tappo e quindi la disomogeneità dei risultati.

Da un tappo non ci si deve aspettare un incremento della qualità del vino ma il mantenimento delle caratteristiche organolettiche all’interno di un normale processo di evoluzione. Il tappo a vite non imbalsama il vino, come alcuni detrattori dicono, ma garantisce l’evoluzione, sebbene più lenta. Il risultato della prova pratica è stato che, in media, i campioni tappati a vite avevano mantenuto note di fragranza e di piacevolezza maggiori rispetto alle bottiglie tappate con il sughero che in alcuni casi, in particolare nei vini bianchi, avevano subito un più rapido invecchiamento. Volendo considerare le cose da un punto di vista opposto, la qualità dei vini con tappo a vite è risultata comunque non inferiore a quella dei campioni tappati con sughero.

Il meccanismo di evoluzione del vino è complesso e tocca gli ambiti della chimica. Il ruolo dell’anidride solforosa per la conservazione è centrale ed è stata dimostrata la correlazione tra la quantità di solfiti trattenuti nel vino e la freschezza dei caratteri del frutto nonché l’assenza di imbrunimento. Studi scientifici hanno dimostrato come il tappo a vite sia quello in grado di garantire una maggiore efficacia nella ritenzione, nel tempo, dell’anidride solforosa.

Un’ultima riflessione sulla propensione del mercato ad accogliere il tappo a vite. Sebbene recenti studi confermino come il tappo a vite sta divenendo sempre più accettato dai consumatori, è ancora alto il divario sulla percezione di qualità tra un vino con tappo in sughero e uno con tappo a vite. Percezione, e le neuroscienze ce lo insegnano, che fa ritenere più buono il vino proveniente da una bottiglia con tappo in sughero anche se, nei test effettuati, il vino era il medesimo.

Un’annotazione a margine. L’etimologia della parola “vite” intesa come pianta, deriva da viēre, ovvero intrecciare per la tendenza della pianta ad attorcigliarsi. Dalla pianta della vite deriva il termine vite come strumento meccanico, proprio per la sua somiglianza al portamento della pianta.

Quindi dalla vite al (tappo a) vite, in un passaggio quasi consequenziale, tra natura e tecnologia.

jermann.it

franz-haas.it

vinipra.it

pojeresandri.com

vignetimassa.com

Giornalista, sommelier, degustatore e relatore AIS, assaggiatore ONAF e ANAG e degustatore birre ADB, amo raccontare storie di persone e di luoghi convinto che il vino sia soprattutto frutto della passione, del lavoro e dell’intelligenza dell’uomo.

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