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L'arresto di Messina Denaro e le 2 vittorie degli italiani

Messina Denaro

La guerra alla mafia continua, ma gli italiani possono gioire due volte: per la cattura di Messina Denaro e perché lo Stato c’è. Il Taccuino di Federico Guiglia

Trent’anni, venti condanne e decine di omicidi dopo, anche Matteo Messina Denaro, l’ultimo Padrino della stagione stragista ancora in libertà, finisce nella rete di una mai così encomiabile operazione di carabinieri e magistrati.

Il superlatitante non ha potuto reagire all’arresto, e non perché malato di cancro e in cura, sotto falso nome, presso una clinica dov’è stato prima individuato e poi catturato. La sua rassegnata consegna, accompagnata dall’ammissione immediata che era proprio lui il grande criminale che stavano cercando, è il miglior riconoscimento che lo Stato ha vinto.

Per i capi mafia abituati a fuggire e a ribellarsi sempre alle autorità in una vita che per loro è scandita da affari sporchi e connivenze, la resa senza condizioni a chi ti ha dato la caccia così a lungo, è il dato saliente della notizia che ha fatto il giro del mondo. Ora il boss fantasma finirà il resto dei giorni in prigione con nome e cognome veri e senza più coperture.

OLTRE MESSINA DENARO: LA GUERRA ALLA MAFIA DEVE CONTINUARE

Ma se lo Stato può archiviare il capitolo dell’era più sanguinaria di Cosa Nostra, la guerra deve continuare.

Perché il crimine mafioso ha nel frattempo acquisito anche altri percorsi e denominazioni, come insegna lo sviluppo della ‘ndrangheta con le sue connessioni internazionali e la sua presenza e influenza pure al Nord. I condizionamenti economici all’insegna dell’illegalità, le intimidazioni, il potere illecito esercitato sulle persone e sulle comunità sono il male nascosto delle mafie di oggi. Da sradicare con lo stesso rigore e vigore mostrato con l’arresto del Padrino che c’era, ma nessuno vedeva. Sul quale – ecco l’altro compito a cui è ora chiamato lo Stato -, bisogna indagare fino all’ultimo complice per capire come mai un simile criminale abbia potuto godere di tanta impunità restando nella sua Sicilia e in altri luoghi del Paese.

L’AIUTO DELLA BORGHESIA?

“Parte della borghesia lo ha aiutato”, ha già denunciato il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia. E allora: chi lo ha protetto? Come ha fatto, il principale ricercato dalle forze dell’ordine in Italia, a farsi curare in pubblici ospedali senza dare nell’occhio o destare sospetti? L’uomo invisibile ha goduto di coperture extra-criminali, e quali? Tutti i suoi segreti da svelare, per smascherare favoreggiatori e fiancheggiatori.

La guerra, appunto, continua. Ma intanto gli italiani possono gioire due volte: per la cattura del numero uno e perché lo Stato c’è.

)Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi)
www.federicoguiglia.com

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