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Louis Vuitton, tre grandi artisti per una sneaker iconica

Un universo (creativo) da scoprire

Sono intriganti, eccessivi (quanto basta), di grande carattere. Sono gli artisti che negli anni Ottanta hanno elevato la cultura underground a forma d’arte anche fuori dal perimetro del museo. Hanno raggiunto il loro obbiettivo grazie al segno distintivo dei graffiti e dell’arte di strada, colorando i vagoni della metropolitana e trasfigurando ampie tele grezze intrise di colore, sfoderando una grammatica visiva senza dubbio “sgrammaticata” ma brulicante di vita e partecipazione. Potremmo dire, senza aver paura di sbagliare, tutto a ritmo di hip-hop

Store Luois Vuitton, Milano, “White Canvas: LV Trainer In Residence”: Lady Pink, foto courtesy Louis Vuitton.

Classe 1964, nata in Ecuador, Lady Pink ha partecipato in prima linea all’ascesa dell’arte basata sul graffito e rimane una delle figure di culto della comunità hip-hop. Lee Quiñones (1960), portoricano, è diventato celebre dipingendo interi vagoni della subway di New York City e realizzando murales. 

Store Luois Vuitton, Milano, “White Canvas: LV Trainer In Residence”:  Lee Quiñones, foto courtesy Louis Vuitton.

Rammellzee (1960-2010) è un artista visivo che si è affermato in diverse discipline, tra cui la pittura, la scultura e la performance. Abloh aveva invitato Sky Gellatly a curare il progetto: «per elevare una serie di artisti prima attraverso una mostra, e poi per consentire un approfondimento ulteriore della loro opera attraverso la collaborazione dedicata alle sneaker». Un sogno, in qualche modo oltre il tempo e lo spazio, che oggi diventa realtà. 

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