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Perché i pacifisti pro-Putin mi fanno dire: brava Meloni. Firmato: Giuliano Cazzola

Meloni si è assunta la responsabilità – come deve fare chi governa – di fare il passo più lungo della gamba, di assumere impegni netti per il sostegno dell’Ucraina sfidando parte dell’opinione pubblica. Il commento di Giuliano Cazzola

Poi dicono che uno si butta a destra!  Io non ho votato per nessuno dei partiti che compongono questa maggioranza. Penso che per tanti motivi intrinseci alla mia storia personale non lo farei neppure se si votasse domani, perché, nell’ambito dell’attuale schieramento politico, vi sono forze in cui posso riconoscermi anche al di fuori di questa maggioranza. Confesso, però, che mi sono sentito molto in imbarazzo quando ho visto Giorgia Meloni, evidentemente provata, scendere dal treno che l’aveva portata a Kyiv, recarsi commossa a Bucha e, più tardi, nella conferenza stampa svolta insieme a Zelensky, pronunciare, in nome dell’Italia, parole  – di sostegno alla causa dell’Ucraina – che sembravano scolpite nel bronzo.

L’IMPORTANZA DELLA MISSIONE DI MELONI IN UCRAINA

Zelensky non è stato corretto nei suoi confronti. Non si mette in imbarazzo una ospite mettendola in difficoltà con le domande relative alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi. Quanto meno la si avvisa prima. Meloni comunque ha avuto la prontezza di spirito di rispondere, date le circostanze, nel migliore dei modi possibili. Certo, la missione in Ucraina del presidente del Consiglio è stata schiacciata dagli eventi storici che l’hanno preceduta (la visita di Biden) e da quanto avveniva in contemporanea (il discorso di Putin); ma gli aspetti politici rimangono e si qualificano anche se non trionfano sui media.

La missione di Giorgia Meloni ha acquisito e mantiene un profilo di grande significato in Europa e in Italia. Nel primo caso ‘’Io sono Giorgia’’ può far valere i suoi rapporti con i Paesi di Visegrad, a partire dalla Polonia, i quali, nel nuovo contesto geopolitico, non sono più gli ultimi della classe nell’Unione, ma stanno in prima linea (anche l’Ungheria fa la sua parte con i profughi ucraini) nella battaglia che conta, in cui si gioca non solo la stabilità finanziaria e il progresso economico, ma la libertà e la sicurezza dell’Europa.

Per quanto riguarda il fronte interno Meloni si è assunta la responsabilità – come deve fare chi governa – di fare il passo più lungo della gamba, di assumere impegni netti che sfidano gran parte dell’opinione pubblica e sollevano distinzioni sempre più evidenti nelle forze politiche, anche di maggioranza. Per una leader politica che fino a pochi mesi or sono – da sovranista – non disdegnava qualche giro di valzer col populismo, è stato un  passo di grande spessore caricarsi sulle spalle –  in potenziale solitudine, salvo l’appoggio per disciplina del suo partito – una linea tanto complessa.

LA TELENOVELA DEI PACIFISTI PRO-PUTIN

Meloni sta giocando sul piano interno i legami che ha costruito a livello internazionale, ma sa che l’Italia è un Paese che ‘’tiene famiglia’’ ed è sensibile – per opportunismo – alla campagna su cui sono impegnati i ‘’pacifisti pro Putin’’.

Nel momento in cui si pone l’esigenza di un salto di qualità nella fornitura degli armamenti all’Ucraina (per ora siamo ancora a livello delle solenni promesse) è ripartita la telenovela del ‘’No alle armi’’ per non sollecitare un’escalation che porti ad una intensificazione del conflitto. L’esercito russo e i mercenari della Wagner hanno devastato gran parte dell’Ucraina con missili e cannonate, rivolte soprattutto contro la popolazione civile, le abitazioni e le infrastrutture. Agli ucraini, invece, è vietato dagli stessi alleati reagire, anche con un solo colpo di spingarda, oltrepassando i confini russi.

In Parlamento alle forze politiche contrarie all’invio di armi si stanno aggiungendo quelle, sia di maggioranza che di minoranza, che cominciano a far capire che è ora di tirare i remi in barca, promuovendo iniziative diplomatiche che portino ad un armistizio – ammesso e non concesso che ciò sia possibile – che congeli la situazione e consegni a Putin quei territori del Donbass che non è stato neppure capace di conquistare con le armi, ma che ha annesso con un referendum truffaldino.

In sostanza, rischiamo di farci sempre riconoscere: siamo il solo Paese europeo in cui esiste ed è attivo un movimento putiniano trasversale; siamo il solo Paese (si veda nella foto che cosa, invece, succede davanti all’Ambasciata russa a Londra) in cui è stata organizzata, nel giorno della pagliacciata del messaggio notturno a Sanremo, una manifestazione contro Zelensky, benché si sapesse da tempo che non sarebbe stato presente. I talk show, da una settimana almeno, sono in grande fermento, richiamano in servizio tutti i sepolcri imbiancati  del pacifismo putiniano, senza chiedere loro conto di nulla; neppure di quando sostenevano che le stragi di Bucha fossero una montatura dell’industria cinematografica di Hollywood.

L’ANNIVERSARIO DELL’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA

Oggi in occasione del primo anniversario dell’aggressione russa le coorti  zariste scenderanno in campo ringalluzziti dalla possibilità di poter attaccare – sulla scia di Silvio Berlusconi – sia Zelensky che Meloni, quest’ultima per aver rinunciato al sovranismo ed essersi, invece, messa a disposizione degli Usa, il Grande Satana dei fondamentalismi di ogni credo e fede politica. Stasera, al Piccolo Eliseo di Roma, sarà presentata da Michele Santoro la sua iniziativa di controinformazione: del pacchetto di mischia iniziale fanno parte Vauro, Guido Ruotolo, la filosofa Donatella Di Cesare e la giurista Anna Falcone. La parola d’ordine sarà: “Un anno di guerra è troppo!”. L’obiettivo vero, però, sarà quello di abolire la  parola ‘’vergogna’’.

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